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IL DISASTRO DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE COME SPECCHIO DELLA CRISI ETICO-ECONOMICA DEL MERIDIONE - Nel TPL si sono cumulati tutti i vizi e gli errori che hanno portato la Campania allo sfascio

Creato il 07 giugno 2013 da Ciro_pastore

IL DISASTRO DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE COME SPECCHIO DELLA CRISI ETICO-ECONOMICA DEL MERIDIONE - Nel TPL si sono cumulati tutti i vizi e gli errori che hanno portato la Campania allo sfascio
IL DISASTRO DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE COME SPECCHIO DELLA CRISI ETICO-ECONOMICA DEL MERIDIONE Nel TPL si sono cumulati tutti i vizi e gli errori che hanno portato la Campania allo sfascio
Che il sistema dei trasporti pubblici sta praticamente implodendo è fatto indiscusso. Che la sua crisi irreversibile(?) sia lo specchio fedele della degenerazione etico-economica del Paese è un assioma che proverò a dimostrare. Come è chiaro a tutti, l’Italia sconta oggi più di 30 anni di politiche dilapidatorie dissennate che, basate sull’utilizzo incontrollato del debito pubblico, hanno determinato non solo l’attuale crisi economica strutturale ma che, purtroppo, hanno contribuito alla crisi etica e valoriale che, forse, è perfino più grave di quella economica. Grassazione e malaffare economico rappresentavano fino alla fine degli anni ’70 un dato endemico, soprattutto dell’economia meridionale, In quell’epoca, la nostra Regione, in particolar modo, era ancora a metà strada fra l’arcaico sistema contadino/artigianale, tipico dello Stato preunitario, e un’economia post industriale, mai realmente consolidatasi. A partire dagli anni ’80, poi, alla criminalità di piccolo cabotaggio si è sostituita un sistema di corruzione diffusa, sostenuto appunto dall’enorme flusso finanziario garantito da una finanza pubblica drogata da inflazione e debito pubblico.
È accaduto, così, che anche le aziende del Trasporto Pubblico Locale venissero progressivamente coinvolte in un sistema in cui un coacervo di interessi clientelari/affaristici, alimentato dal duopolio politica-sindacati, che hanno approfittato, ciascuno per la sua parte, del  fiume di denaro proveniente dall’Unione Europea che ha reso possibile la realizzazione di opere pubbliche che hanno prodotto un’incotrollata mole di affari che, a vario titolo, hanno premiato il sistema politico (sia sinistra che destra), le imprese e, negli ultimi tempi, anche quelle parti della criminalità organizzata che hanno saputo “integrarsi” nell’economia grigia che oggi ruota attorno alle aziende del settore.
Il sistema per anni ha funzionato egregiamente, coinvolgendo anche gli stessi lavoratori che hanno goduto di privilegi e ritorni retributivi, ben al di sopra della media. Nell’ultimo quinquennio, però, i fondi comunitari si sono decisamente contratti e, conseguentemente, le banche hanno smesso di elargire prestiti facili alle società, anche perché il Governo nazionale è stato costretto dalle imposizioni comunitarie a varare drastiche politiche di tagli e rigore. Tutto ciò, ha costretto la Regione a stabilire severi tetti di spesa ed inusitati vincoli di bilancio che sono risultati impraticabili per aziende tuttora sovradimensionate in termini di risorse umane e, soprattutto, “allegre cicale” aduse alla spesa incotrollata.
Inevitabile, allora, che il descritto scenario abbia innestato una perversa reazione a catena che sta facendo letteralmente saltare le varie società (pubbliche e private) del trasporto pubblico locale regionale, e con esse tutto l’indotto correlato. Le cronache sono popolate di notizie che riferiscono di stipendi non pagati, di fornitori e banche che reclamano crediti e di uno stato di permanente conflittualità da parte dei lavoratori del settore. Conflittualità che ha finito per inabissare sia l’offerta di servizi che la sua qualità, oggi ampiamente insufficiente per un paese civile.
In tutto questo marasma, è ancor più preoccupante la strategia(?) delle organizzazioni sindacali “collaborazioniste” che scontano oggi il loro “doppio legame” con i loro vecchi referenti politici, e per questo sono inadatte a cogliere la nuova dimensione dello scontro e brancolano nel buio, alla continua ricerca di un’improbabile nuova fase di concertazione la quale, alla luce degli attuali scenari economici, è diventata una pura chimera.
D’altronde, questo tipo di sindacalismo è molto più avvezzo all’inciucio che alla lotta propositiva. Per anni hanno vivacchiato in una calda e comoda mangiatoia bassa, in cui i fiumi di danaro dell’epoca delle “vacche obese” gli facevano raccogliere, senza fatica, incrementi salariali ed assunzioni facili, su cui costruire potentati personali fatti di migliaia di tessere con cui ottenere, poi, anche sostanziosi vantaggi personali per se stessi. Sono numerosi e documentati, infatti, i casi di sindacalisti di vertice che, usufruendo di un’applicazione “morbida” di leggi ed accordi hanno potuto facilmente portare a casa carriere, diciamo quanto meno “immaginarie”. Senza parlare, poi, di un uso indiscriminato ed incontrollato dei permessi sindacali, in qualche caso una vera “manna dal cielo” fuori da ogni parametro legale, di cui prima o poi qualcuno dovrà rendere conto alla Corte dei Conti.
Per altro verso, lo stesso sistema duopolistico politico-sindacale, ha permesso di largheggiare con le assunzioni (talvolta anche oltre i limiti della regolarità) e di distribuire promozioni (spesso immeritate) a pioggia. Senza parlare dell’uso abnorme ed ingiustificato delle prestazioni straordinarie, assurte ovunque ad una forma “fissa e continuativa” di integrazione salariale. Perfino meritorie leggi a tutela dei lavoratori fisicamente svantaggiati, come la n° 482 del 1968 e la n° 68 del 1999, sono state molto spesso usate come utile escamotage per procedere (largheggiando) ad assunzioni a “chiamata diretta” di tanti sfortunati(?) disabili, che sono andati a rimpinguare le già troppo fornite truppe dei sedentari amministrativi.
Come vedete, la crisi del TPL in Campania (ma anche altrove) ha tanti motivi per essere fedele riproduzione in scala di quanto è accaduto nell’intero Paese. Anche nel TPL, come nel Paese, tutti ora sono pronti a dileggiare la casta politico-sindacale, che ha sicuramente le maggiori responsabilità dello sfascio, dimenticandosi, però, che tutti (e dico tutti) insieme – cittadini e lavoratori - abbiamo contribuito a spolpare le vacche obese che erano nutrite con i fasulli ormoni derivanti dal debito pubblico. Ora, purtroppo, siamo chiamati a restituire in qualche modo il mal tolto.
Casto Priore

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