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Il discorso del re

Creato il 23 gennaio 2011 da Filmdifio
Il discorso del reEssere e fare il re e non avere una voce. Non devono essere stati facili gli inizi del regno di re Giorgio VI, il padre della regina Elisabetta II, che dopo la rinuncia al trono del fratello David, si ritrovò, in un'epoca non proprio facilissima, a prendere le redini dell'illustre impero britannico. Siamo negli anni tra le due grandi guerre. Poche certezze, molta paura. In Europa, come tra le mura della vita quotidiana del giovane duca di York, che il regista Tom Hooper, disegna come un uomo responsabile, ma insicuro, ragionevole, ma frustrato, figlio, padre e fratello amorevole. Il dramma che vive sotto gli occhi della famiglia, della moglie e della nazione, è "non avere una voce", quell'incapacità di far defluire con scioltezza parole e pensieri che, per un uomo per cui l'aspetto pubblico è di gran lunga più rilevante di quello privato, rappresenta un ostacolo da evitare con ingombrante complessità. La balbuzie è solo la concretizzazione esterna di un disagio maggiore, una raccolta di insicurezze, inaffettività, complessi di inferiorità vissuti da "Bernie", il nomignolo che l'irriverente logopedista Logue conia per il suo paziente illustre. "Il discorso del re" è infatti un film sulla paura, realtà ignota e sconosciuta, ombra sulla vita, che però "l'amico", più che luminare, Geoffrey Rush riuscirà, poco a poco, smontare. Il privato rincorre il pubblico sullo schermo. Le paure dell'Europa in procinto di dilaniarsi dietro l'ineccepibile eloquio di Hitler si fondono con quelle del nuovo re, dalla parola altalenante. La sofferenza dell'handicap invade il paese, con quel nuovo strumento che era la radio, facendosi peso e forza comune. Così come il re, coraggioso, cerca di saltare l'ostacolo di quelle lontane paure e di quella presente difficoltà nell'esprimersi, così l'impero deve affrontare i proprio timori e combattere i mostri."Il discorso del re" è un ottimo film, elegante nello stile, non scontato nella sceneggiatura. Colin Firth, di cui si è sempre detto bene, regala una interpretazione da grande attore. Geoffrey Rush incanta come suo solito. I duelli, abbracci, affronti tra i due divertono per un tocco tipicamente british: sobrietà ed irriverenza, senso di responsabilità e sottile ironia. L'Osca a Firth sarebbe più che meritato.
ps. presentato in anteprima al Bif&st di Bari.

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