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Il discorso del servo del Re – I° parte

Creato il 12 febbraio 2013 da Giorgiofontana
Il discorso del servo del Re – I° parteHo finito da poche ore di leggere un libro di Susan Cain dal titolo ‘Quiet – il potere degli introversi‘ e il sottotitolo ‘in un mondo che non sa smettere di parlare’.
L’immersione in un libro, per me è un’esperienza dispendiosa, innanzitutto perchè le mie sono letture pesanti e legate alla conoscenza e al lavoro, ma soprattutto perchè il mio modo di leggere prevede un’interazione continua con altri canali, sollecitato da nuovi argomenti, citazioni, approfondimenti che a loro volta, nel canale di ricerca del web, sono poi dispersi nella serendipity e nella deriva delle SERP bastarde.

Quindi la lettura si trasforma da un piacere ad  una ansia, alla ricerca di un radicale termine con risultati che spesso è invece l’apertura di decine di altri rivoli senza mai l’approdo al suo orizzonte.

Definire questa una lettura estroversa sarebbe facile; ne avrebbe tutti i connotati, dalla mancanza di metodo, mentre il metodo esiste, alla spasmodica apertura di nuovi fronti, cedendo all’istinto e alla novità.
Sarebbe semplice definirla in questo modo prima di aver letto il libro della Cain. Susan Cain è un avvocato di NYC, che qualche anno fa decise di fare una scelta precisa di vita, abbandonando la carriera per la quale si era preparata ad Harvard e dopo aver conseguito buoni successi nel complesso mondo della consulenza legale nel centro direzionale del Mondo Contemporaneo.
Per molte persone, non solo americane, scegliere di lasciare il luogo dove tutto succede per una tranquilla vita nel torpore della propria abitazione, tutt’al più segnata da rare conferenze in giro per l’America e qualche apaprizione in televisione, sembrerà una bizzarria degna di qualche sorrisino sarcastico e qualche velata ipotesi su chissà quale orrenda verità si celi dietro. Invece Susan ha comprese di se che cosa voleva per l’equilibrio perfetto tra avere ed essere ed ha scelto di dare a se e agli altri il suo meglio di persona introversa.
Perchè il suo libro descrive proprio il mondo dell’introversione. dentro il libro sul silenzio di Susan Cain non c’è nulla di cupo, depresso, grigio e scontroso, non c’è nessuna atmosfera triste e sconfortata, anzi. Come nessuno se lo potrebbe aspettare la sensazione che più viene in mente è rilassatezza, leggerezza, respiro profondo e, appunto, quiete. La storia della psicologia annovera Adler e Jung come gli autori su cui si basa la letteratura un po’ stereotipata che divide la socievolezza dell’estroversione dalla quasi depressiva introversione. La conseguenza culturale è la percezione positiva della prima e una velata condanna di diversità per l’altra. Ma molta storia è cambiata e la Cain snocciola quello che la psicobiologia, le neuroscienze e le ricerche psicosociologiche degli ultimi 20 anni stanno facendo emergere sull’introversione.
Descrive, in particolare, le ricerche di Jerome Kagan,  sulle basi genetiche del temperamento e sull’influenza del sistema ormonale e neurologico nella determinazione della personalità.
Sin dalla nascita il comportamento rifllessivo, inteso come risposta agli stimoli ambientali, è graduato dalla maggiore o minore intensità percettiva.
Nei neonati che si agitano maggiormente in presenza di stimoli, presenze, colori, suoni, odori la soglia di reazione è molto bassa, sono loro paradossalmente quelli che svilupperanno una personalità introversa.
Gli altri sono coloro che hanno bisogno di un alto grado di stimolazione per venire attivati e sono gli estroversi.
Ma la questione non si limita ad uno sterile e poco fascinoso determinismo.
L’ambiente esterno, la cultura, le norme e le regole non scritte della socialità, fanno tutto il resto e mischiano i semi delle carte per creare le più diverse combinazioni.
La risposta agli stimoli e la necessità di essere accolti nel contesto sociale, sin da bambini, portano le due macrocategorie a scontrarsi e ad amalgamarsi, a rendere gradevole la vita o a renderla invivibile.
Il punto, che la Cain tocca in modo sincero e partecipato, è questo: la vita è a misura di estroversi. In questi giorni è successo un fatto epocale.
Credo sia stato l’unico vero segno planetario del come vivere sulla terra sia cambiato in modo, sembrerebbe, irreversibile.
Le dimissioni di Benedetto XVI sono state interpretate in modi diversi, con tutti i tagli razionali, sociologici, teologici, politici, cospirativi e visionari.
Io le vorrei interpretare in un modo diverso:

Questo spezzone giornalistico ci riporta indietro di 30 anni, nel 1978 Albino Luciani si presenta alla folla nella sua prima apparizione.
Qualche mese dopo, a seguito della sua morte prematura, alla folla di Piazza San Pietro appare Karol.
Infine 10 anni fa, dopo un pontificato durato un ventennio, si affaccia alla folla, il teologo Ratzinger

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