Magazine Media e Comunicazione
Nel primo caso il nuovo papa non pronuncia nessun discorso alla folla, il protocollo non lo prevede, il cronista rivela che Luciani voleva pronunciare delle parole estemporanee, ma il cerimoniere glielo impedisce.
La sua indole docile e obbediente, malgrado alcune geniali trovate comunicative, che avrebbero messo in imbarazzo il mondo religioso.
Con Woytila le cose sono scioccanti, tutto il protocollo salta, addirittura la postura; con le mani ben salde sulla balaustra come ad arringare la folla, il Papa è diventato un condottiero, esuberante, forte, invincibile, un coach della fede, un motivatore di miliardi di esseri umani, in bilico tra spiritualità ed edonismo.
Nell’ultimo evento, un uomo con la quell’indole remissiva, titubante e riflessiva che lo aveva fatto restare nell’ombra di incarichi teologici, potenti, influenti ma defilati, deve fare un breve discorso dicendo che Dio ha scelta uno strumento inadeguato per i scuoi scopi. Si vede che la nuova retorica per la folla dei fedeli, ma non solo, per quella folla indefinita dei media, non può più non prescindere dal carico incombente della comunicazione di massa.
La folla, un po’ spirituale ma molto di più edonista, ha bisogno di un Papa che sappia andare veloce per restare al suo passo. Dieci anni dopo Giovanni Paolo II, l’accelerazione significa mezzi di comunicazione in real time, digitalizzazione del pensiero, risposte immediate alle sollecitazioni, pena scomparire dall’orizzonte del pensiero quotidiano. La vita va vissuta attimo dopo attimo e l’eterno è un concetto obsoleto.
Un compito che soltanto un capo carismatico, energetico e giovanile può assumersi con la speranza di riuscirci.
Per la prima volta il rappresentante di Dio in terra deve abdicare alle esigenze dello Spirito del Tempo. Intanto aveva già abdicato a Twitter, il giocattolo che usano tutti, in modalità estemporanee, senza rituali e senza regole, il profilo @pontifex diventa il banco di prova della misurazione dell’appeal del vigore del Papa nel Mondo Contemporaneo. Il Mondo lo aspetta, pronto a lanciare tanto boe di salvataggio quanto a sbranare un simbolo. L’abdicazione, ma non è tale, sono dimissioni senza indicazione di un successore, sono state intimamente sussurrate come improrogabili per la fine di Febbraio, in piena Quaresima, il periodo di riflessione, di letargo meditativo, in cui non vi sono feste religiose, in attesa dell’evento simbolico del Cristianesimo.
Il luogo/contesto in cui il Papa ha annunciato la sua decisione, in latino peraltro, è indicativo, credo, della preoccupazione di avere una comunicazione intima, senza clamore, forse confidando nella possibillità che restasse per almeno qualche ora all’interno delle Mura.
Ma la frenesia di arrivare prima di qualsiasi tweet, come successe per altri casi clamorosi, l’agenzia ANSA, non aspetta nessun commento e nessuna precisazione diplomatica e spara in tempo reale la notizia. Quella ricerca formale di riservatezza impossibile si rivela tale.
La forma: un discorso in latino. Il suo predecessore avrebbe utilizzato la folla e avrebbe parlato una lingua viva.
Il luogo e la forma sono introversi. Sono tipicamente a basso livello di stress e di sollecitazioni sensoriali, sono quelli che ci si può aspettare da una personalità che ama il dialogo sommesso, il ritiro nei libri e nella musica di Mozart, la compagnia dei gatti, animali introversi ed empatici. http://www.ratzingerbenedettoxvi.com/gatti.htm Ecco quello che, molto modestamente, vorrei mettere a disposizione del gioco del perchè? è un’ipotesi molto più semplice di ogni altra, legata ad una condizione esistenziale che mette di fronte un impegno e la potenzialità che questo venga portato a termine.
Se Giovanni Paolo II ha cambiato la storia mediatica della Chiesa, mentre prima di lui, Giovanni XXIII, l’aveva fatto entrare nella contemporaneità sociale, Benedetto XVI ha voluto riproporla come meditazione, preghiera, riflessione e pentimento, ma il suo popolo era già stato fascinato dall’estroversione solare del suo predecessore, un Moloch invincibile.
Credo che la Chiesa dopo essere stata, per 2000 anni, un culto lunare, catacombale, propedeutico alla morte, come ogni religione su questa terra, è diventata solare, energetica, positiva, quasi new age. E’ rinata estroversa verso il Mondo e verso i segnali terreni che gli trasmette la folla. Susan Cain nel suo libro racconta spesso di eventi e profili interiori vissuti nella fede.
Delle liturgie socializzanti degli evangelici, alle comunità protestanti che vivono nell’energia emozionale che si trasmettono l’uno con l’altro, fino alle crisi esistenziali di uomini e donne religiose che si sentono in colpa per non essere state dotate dal Divino di quelle caratteristiche esuberanti che la loro Fede impone.
Gli evangelici pongono, infatti, un’enfasi mistica nel potere di persuasione che si esprime attraverso il coinvolgimento di massa, nei riti, ad esempio, e nell’essere pastori che predicano e che fanno proseliti con l’entusiasmo che caratterizza il culto.
Racconta che molti si sentono respinti da Dio, perchè vivono con difficoltà la missione socializzante che li vuole proiettati nelle folle. Contesti che a loro risultano pesantissimi da sostenere, emotivamente e fisicamente. Porta però anche l’esempio di due donne religiosamente attive, che fecero cose grandiose.
Una è Rosa Parks, la donna che diede inizio aclla stagione di Martin Luther King ed all’affrancamento delle minoranze etniche in USA. L’altra è la moglie di Roosvelt, Eleonor, alla quale si deve la visione sociale degli anni dopo la Grande Crisi. Entrambe donne dal carattere timido ed introverso che però seppero tenere il timone delle lro convinzioni profonde sulla giustizia, nonostante difficoltà che per la Parks si sommavano alle discriminazioni razziste. La conclusione di queste riflessioni, e quelle del libro, sono che un mondo fatto per gli estroversi, come un mondo fatto per i bianchi, per chi è giovane, per chi è alto o non è mancino, non è un mondo giusto.
Nega l’umanità nella sua essenza, che è godere della stessa, potendolo fare con quello che ci è proprio, la nostra interiore ed esteriore natura.
E’ questo che ci rende tutti uguali, la nostra diversità. Sicuramente poter arrivare a parlare a tutta la propria nazione senza balbettare è un traguardo che riempie d’orgoglio chi lo ha raggiunto.
Ma riempie d’orgoglio, che è il contrario dell’umiltà, in particolare il logopedista e di più, la folla che vede un essere umano negare la sua natura per farsi amare da loro.
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