Con questo racconto la Bibbia vuole indicarci che cosa, in definitiva, deve essere importante per un politico. Il suo criterio ultimo e la motivazione per il suo lavoro come politico non deve essere il successo e tanto meno il profitto materiale. La politica deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizioni di fondo per la pace.
Con queste parole, commentando la propria citazione di un versetto del Primo Libro dei Re, il papa Benedetto XVI inizia il suo discorso al Parlamento tedesco. Come spesso accade, si ha l'impressione che si dica a nuora perchè suocera intenda, cioè si fa questa introduzione perfettamente in linea con il luogo in cui avviene, augurandosi però che sia recepita anche da altre parti. E ancora
Il successo può essere anche una seduzione e così può aprire la strada alla contraffazione del diritto, alla distruzione della giustizia.
Sant'Agostino
Non è singolare che il papa intervenga in questi termini riguardo questioni che attengono la politica. Certo, si dirà, non è difficile inanellare una serie di concetti condivisibili da tutti, in fondo i politici, specialmente quelli nostrani, lo fanno da tempo immemorabile. Cos'è allora che rende, eventualmente, diverso il discorso del papa da un qualunque discorso di un qualunque politico, poniamo, italiano? Benedetto XVI si riallaccia a Sant'Agostino. Più di 1600 anni fa, Agostino d'Ippona, secondo quanto riporta il papa, sentenziò
“Togli il diritto – e allora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?”
Origene
Il che è valido allora come ora. Nel prosieguo, Ratzinger dispone le cose in modo da identificare due stadi. Uno è quello del diritto esercitato dalla maggioranza, la quale può governare una buona parte delle umane cose; l'altro è il diritto regolato dal processo interiore, il quale giudica là dove si annida la dignità dell'uomo, e cita Origene
“Se qualcuno si trovasse presso il popolo della Scizia che ha leggi irreligiose e fosse costretto a vivere in mezzo a loro … questi senz’altro agirebbe in modo molto ragionevole se, in nome della legge della verità che presso il popolo della Scizia è appunto illegalità, insieme con altri che hanno la stessa opinione, formasse associazioni anche contro l’ordinamento in vigore…”
Ma come si forma o costruisce questo processo interiore? Come si decide cosa è giusto? Una prima risposta recita così
Nella storia, gli ordinamenti giuridici sono stati quasi sempre motivati in modo religioso: sulla base di un riferimento alla Divinità si decide ciò che tra gli uomini è giusto.
L'idea è quella del percorso di un'armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, che altro non è che la versione romantica del giusnaturalismo e del giuspositivismo, eterni alleati e concorrenti. Vi è, inoltre, l'esplicito riconoscimento, insieme all'affermazione delle basi cristiane del giusnaturalismo, che è proprio grazie ai primi teologi e filosofi di influenza cristiana che il contributo
per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato decisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto religioso, richiesto dalla fede nelle divinità, e si siano messi dalla parte della filosofia, riconoscendo come fonte giuridica valida per tutti la ragione e la natura nella loro correlazione.
Hans Kelsen
Su queste basi si fonda il presupposto della fusione di natura e coscienza, vero pilastro di tutto il comportamento umano. E' la base del pensiero di Benedetto XVI. Ed è anche ciò che il papa riconosce essere una forma di pensiero caduta in disuso, al giorno d'oggi, nell'ambito accademico. L'origine di questa diaspora è chiaramente il pensiero positivistico, che distingue tra essere e dover essere: dal primo, che rappresenta la natura, non discende nessun dovere, perchè la natura rappresenta, per dirla con Kelsen citato dal papa
– “un aggregato di dati oggettivi, congiunti gli uni agli altri quali cause ed effetti"
e da essa non può essere tratta nessuna indicazione etica. E' il classico cavallo di battaglia di Ratzinger, anche se non propriamente contro certamente in opposizione al positivismo, imperante nelle nostre società. Intendiamoci: non sono affatto allineato su gran parte delle posizioni o degli atteggiamenti del mondo clericale, nè mi sostiene una fede se non quella della ragione (ma non solo) però, nel discorso, per certi versi così restauratore, del papa, intravedo un pensiero che non mi è estraneo. Oltre la ragione positivistica vi è un altro elemento che concorre alla formazione di una umanità dai tratti auspicabili o desiderabili: l'etica.
L'ingresso dell'etica nella politica o, in generale, nella vita degli uomini, ha senso? Vi è una straordinaria difficoltà a capire cosa sia questo ethos, quali debbano essere le sue caratteristiche per garantire assenza di fanatismo e conservare quelle di guida ai comportamenti accettabili in una comunità. L'etica ha probabilmente a che fare con l'empatia, la capacità di vivere i sentimenti altrui. Anche se alcuni studi hanno fallito nel delineare l'etica come una condizione diffusa nella vita animale, sappiamo che la sua presenza è essenziale al mantenimento delle società umane, che non possono basarsi unicamente sulla legge. Questa falsa convinzione, che segue quella che il consumatore adotti sempre una decisione razionale, non tiene in debito conto che la componente emotiva gioca un ruolo da protagonista nelle scelte. Ma non sempre le decisioni basate sulle emozioni sono giuste anzi, spesso sono proprio indesiderabili o sbagliate. L'etica è una componente diversa, o almeno è una componente complessa, dotata di molti aspetti. Di sicuro, però, nella mia opinione, l'etica fa in modo di trasformare l'empatia, che è un modo di rivivere le emozioni altrui, in un codice comportamentale. Il fatto che questa trasformazione necessiti della presenza della ragione è un fatto accessorio e attiene alla capacità del linguaggio verbale di trasformare l'ambiente delle cose impossibili nell'ambiente delle cose virtuali (dal quale può discendere un ambiente delle cose possibili). Probabilmente l'etica agirebbe comunque, solo che con la ragione riesce a vedere al di là del puro comportamento.
Fonti
versione originale testo di Benedetto XVI al Bundestag (La Stampa)