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Il dito di Dio

Da Famigliacolori


Tutti in gruppo, guardando nella stessa direzione. George dalla Guinea guida tutti: con una profonda ispirazione inizia lentamente a camminare all’indietro. Tutto il gruppo lo segue, come un solo uomo. Poi George si ferma e con energia compie gesti, a volte brandendo una lancia invisibile. Tutti lo imitano. Si continua a camminare con passi lenti, finché Rosa inizia a leggere la poesia sul tempo: tutti girano la testa nella sua direzione. Il silenzio è assoluto, perché le parole sono vere.  Poi con la musica iniziamo a camminare velocemente, attorno a due amici che ci danno il tempo. Alterniamo con movimenti lenti. Uno, tre, venti persone fluttuano nell’aria, nuotano con movimenti larghi. Poi alcuni raccolgono oggetti: una teiera, un ombrellino cinese; narrano delle storie … Abdul prende in mano il candelabro e crea con le dita brune e affusolate lunghe candele: «nel mio paese non c’è luce».
Due persone affermano: «vi rendete conto di come ci si senta a stare attaccati a un’ancora, in attesa, impotenti?». Risponde Rosa: «Vorrei essere un’acquila». E tutti contemporaneamente gettiamo a terra i fogli di giornale che sono sulle sedie e afferriamo una sedia, facendola librare nell’aria. E poi ancora, dopo avere appoggiato per terra le nostre “aquile”, camminiamo rapidamente tra le sedie e ad ogni pausa della musica ci gettiamo esausti sulla sedia, ad occhi chiusi. Finché uno di noi ci sveglia a suono di tamburello («ecco Dio che crea l’uomo, commenta Rosa) e ci invita, come il pifferaio magico, a seguirlo e a ballare e cantare. Poi solleviamo i giornali da terra e buttiamo in aria immagini e parole, ci scambiamo le notizie senza parlare, in un vortice di carta e inchiostro. Ci nutriamo dell’energia che ci doniamo reciprocamente.
Ora tutto tace. Camminiamo all’indietro guardando negli occhi il nostro pubblico apparente. Ci fermiamo. Rosa: «ora guarda cosa c’è: lacrime, silenzio, benessere».
La nostra rappresentazione è finita. Gli applausi sono tutti per noi.


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