E’ passata alla Camera – con 381 sì, 30 no e 14 astenuti – la proposta di legge sul divorzio breve. Questa legge permetterebbe di ridurre i tempi dello scioglimento del matrimonio a soli 12 mesi in caso di contenzioso e a 6 mesi per il consensuale, ed il tutto si applicherebbe anche ai procedimenti in corso. Nella normativa è previsto anche lo scioglimento della comunione dei beni con l’autorizzazione del giudice a vivere separati o al momento della sottoscrizione della separazione consensuale. La nostra normativa – con l’eliminazione dei fatidici 3 anni di attesa – si metterà al pari di quella della maggior parte dei paesi europei. Il ritardo è dovuto principalmente al nostro condizionamento culturale e politico per l’avere la Chiesa in seno – basti ricordare che già per l’introduzione del divorzio nel ’70 vi fu una forte opposizione.
“L’Italia volta pagina e il dato che fa riflettere – spiega Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani - è l’assoluta trasversalità del voto della Camera che ha approvato la proposta di legge. L’Italia è profondamente cambiata così come i costumi e il comune sentire degli italiani. In 40 anni nel nostro Paese vi sono stati forti cambiamenti sociali e giuridici, come da nessun’altra parte del mondo”. “Tuttavia – aggiunge – c’è ancora molto da fare per dare una dignità al nostro diritto di famiglia. Occorrerà rendere facoltativa (e non obbligatoria) la separazione e urge una regolamentazione delle coppie di fatto etero ed omosessuali, perché l’Italia resta l’unico Paese tra i grandi d’Europa a mantenere un diritto di famiglia assolutamente conservatore, molte volte in dispregio dei diritti fondamentali dell’uomo”.
Sfortunatamente la proposta non è stata gradita da tutti ed infatti critiche sono arrivate da Antonio Palmieri (FI): “La risposta che viene data è sbagliata. Il divorzio non va inteso come un diritto ma come una ‘extrema ratio”. Per Emanuele Prataviera (Lega Nord) la norma implicherebbe l’incremento dei matrimoni di comodo con gli stranieri per l’accelerazione del conseguimento della cittadinanza. Anche l’Udc si è mostrato contrario per il tramite di Paola Binetti che ha affermato: “ L’art. 29 della Costituzione dice chiaramente che la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale e fondata sul matrimonio. È dunque chiaro che il parlamento debba lavorare a favore dell’unità della famiglia”.