L'Italia, dopo aver impiegato più di un secolo per raggiungere la propria unità territoriale, è riuscita a conseguire l'unità materiale e spirituale, colmando ogni frattura tra Nord e Sud e tra città e campagna, solo verso la fine del secolo scorso, cioè intorno agli anni '70, quando tutti gli italiani hanno potuto finalmente consumare almeno due pasti al giorno. Nel giro di pochi decenni gli italiani sono riusciti non solo a debellare lo spettro atavico della fame, ma anche a conquistare i primi posti nella gerarchia mondiale dei paesi più industrializzati sorpassando nel 1986 (durante il governo Craxi-Forlani) una nazione come la Gran Bretagna, che aveva alle spalle ben due secoli di industrializzazione, facendo leva sul senso del lavoro, del risparmio, della famiglia e su tutti i valori presenti nella cultura tradizionale locale.*L'autore della recensione è Alfonso Berardinelli, su Il Foglio di oggi. Leggendola, si percepisce bene come anche ad un critico professionista, a volte, corra l'obbligo contrattuale di scrivere un articolo. Altrimenti non si capisce come un recensore raffinato come lui abbia scorso il piccolo saggio dandone una descrizione sommaria, a tratti velatamente ironica sull'inconsistenza stessa delle tesi di fondo del libro.Ok, parlo di una cosa che dovreste leggere per capire. Come, altresì, dovrei leggere il libro per comprendere di più. Ma io, oggi, mi limito a criticare Berardinelli e ad irritarmi contro di lui: come può, infatti, colui che mi ha dato l'opportunità di leggere e conoscere brani fondamentali della letteratura italiana ed europea del Novecento - e cito Elsa Morante e George Orwell tra tanti - non stroncare senza mezzi termini chi si crogiuola con delle tesi sociologiche del cazzo sul dna degli italiani, tesi che dovrebbero essere sbattute sugli scogli, come polpi, e di poi subito eviscerate della loro vacuità?
Ripeto: io traggo queste conclusioni da una recensione. Dato che essa ancora non è online ne riporto un estratto in basso. Vedete voi se tali righe sono sufficienti per confortare le mie impressioni o per farne cenere.