Dal blog Voci Globali su “La Stampa”
Si parla tanto in giro, fors’anche troppo, del regno totalitario di Kim Jong II in Corea del Nord. Ma adesso nuove immagini rivelano ancora più da vicino il vero volto del suo regime. Si tratta delle foto satellitari più dettagliate che siano mai circolate dei campi di concentramento in cui si presume siano detenuti più di 200.000 cittadini della Corea del Nord.
Le storie che escono dai campi sono orribili. Periodicamente c’è qualche detenuto che muore per le torture subite, altri vengono giustiziati da plotoni d’esecuzione e con lapidazioni pubbliche. Quelli che riescono a sopravvivere sono malnutriti e malati, ma vengono comunque costretti ai lavori forzati sette giorni su sette, nutrendosi di “ratti, serpenti, rane, insetti” — e anche feci, secondo quanto raccontano gli ex prigionieri;
Witnesses have described watching entire families being put in glass chambers and gassed. They are left to an agonising death while scientists take notes.
One of the guards handed me a basket full of soaked cabbage, told me not to eat it but to give it to the 50 women. I gave them out and heard a scream from those who had eaten them. They were all screaming and vomiting blood. All who ate the cabbage leaves started violently vomiting blood and screaming with pain. It was hell. In less than 20 minutes they were quite dead
…camp number 22 for the purpose of human experimentation of liquid gas for chemical weapons
C’e’ poi un altro aspetto molto poco conosciuto ma altrettanto indicativo;
l a p e r s e c u z i o n e d e i c r i s t i a n i c o r e a n i;
Most are imprisoned because their relatives are believed to be critical of the regime. Many are Christians, a religion believed by Kim Jong-il to be one of the greatest threats to his power. According to the dictator, not only is a suspected dissident arrested but also three generations of his family are imprisoned, to root out the bad blood and seed of dissent.
Rimanendo in tema di torture e martirio, oggi la chiesa cattolica ricorda il maritirio, avvenuto fra il 1633-37, di sedici missionari composto da nove padri Domenicani, tre Fratelli religiosi domenicani, due Terziarie domenicane, di cui una anche Terziaria Agostiniana, due laici, di cui uno padre di famiglia, i sedici martiri erano di varie nazionalità: 1 filippino, 9 giapponesi, 4 spagnoli, 1 francese, 1 italiano, i quali avevano svolto apostolato attivo nel diffondere la fede cristiana nelle Isole Filippine, a Formosa e in Giappone. Proprio in Giappone rimsero vittime della persecuzione scatenata il 28 febbraio 1633, dallo “shogun” che con il suo Editto n. 7, colpiva gli stranieri che “predicano la legge cristiana e i complici in questa perversità, che devono essere detenuti nel carcere di Omura”.
Vennero lasciati morire con la tortura detta “ana-tsurushi”, cioè della forca e della fossa: si sospendeva il condannato ad una trave di legno con il corpo e il capo all’ingiù, e rinchiuso in una buca sottostante fino alla cintola, riempita di rifiuti; lasciandolo agonizzare e soffocare man mano per giorni. Ma dal 1634 i cristiani prima di subire questo martirio, venivano sottoposti ad atroci tormenti come l’acqua fatta ingurgitare in abbondanza e poi espulsa con violenza (la famosa tecnica del “waterboarding“, che gli americani appresero da qui) e poi con la trafittura di punte acuminate tra le unghie ed i polpastrelli delle mani.
Torture simili avvenivano sotto la dittatura di Ceausescu in Romania nel carcere di Pitești, anche sui sacerdoti, ai quali si voleva ‘strappare l’anima’. Del “fenomeno Pitești“ ne parla Dario Fertilio nel libro “Musica per Lupi“;
Venuto alla luce intorno nel 1952, l’agghiacciante esperimento carcerario di Pitesti fu subito messo a tacere dal regime comunista. Dell’incubo concentrazionario, non se ne seppe più nulla. I mandanti, invece, rimasero al potere per decenni, confidando che la storia gli desse ragione. Per fortuna, non fu così.
Sospensioni al soffitto con pesi da 40 chili per ore e giorni consecutivi; torture agli occhi dei detenuti per mezzo della esposizione prolungata alla luce elettrica; strappo dei capelli alle radici; rottura delle dita delle mani e dei piedi; tortura con il metodo della goccia cinese; nutrizioni forzate a base di sale con divieto di bere; cozzi procurati delle teste, al modo delle incornate tra cervi; bruciature delle piante dei piedi; percosse alle tibie per mezzo di barre metalliche”. L’elenco delle sevizie è lungo e potrebbe continuare. L’obiettivo, invece, era uno solo: “annientare l’anima dei detenuti”
Eppure la Corea del Nord continua a negare l’esistenza di questi campi. Adesso però Ministero dell’Unificazione della Corea del Sud ha identificato in queste nuove immagini satellitari i luoghi in cui sorgono i campi di concentramento, tra cui il famigerato Camp22 e Yodok, dove vivono ben 50.000 prigionieri — è sempre più difficile negarne l’esistenza. Le precedenti immagini satellitari scattate in queste zone risultavano sfuocate e ardue da decifrare, ma queste nuove foto sono assai più dettagliate. Per di più, secondo Amnesty International, sembra che le dimensioni dei campi siano ancora più estese rispetto a quanto si vedeva nelle immagini di 10 anni fa.
È difficile che questa inconfutabile evidenza potrà far qualcosa per dissuadere il governo nord-coreano dal rapire e rinchiudere i suoi cittadini in tali luoghi. Hanno dimostrato più volte di voler insabbiare anche i fatti più evidenti. Ma ora il pubblico può guardare con chiarezza e nitidezza i campi dove sono detenuti centinaia di migliaia di persone innocenti e di prigionieri politici – dando così una mano, almeno ipoteticamente, a smuovere l’ago della bilancia a favore dell’umanità.
IL DOCUMENTARIO “F R I E N D S O F K I M“ (2 0 0 6)
Dichiarata nazione aderente all’ “asse del male” dall’ex presidente americano George W. Bush, la Corea del Nord e’ stata messa, come Cuba, nella lista delle nazioni “virtuose” da difendere contro la propaganda imperialista americana anche da molti attivisti comunisti occidentali. Al fine di controbattere la propaganda americana e diffondere nel mondo la ‘verita” sulla Corea del Nord, una ‘nazione pacifica che vorrebbe solo riunificarsi con la Corea del Sud se gli americani glielo consentissero‘, l’associazione internazionale KFA, the Korean Friendship Association fondata dallo spagnolo Alejandro Cao de Benos de Les y Perez, rampollo di nobile famiglia spagnola stanco e disilluso dal ‘consumismo capitalista occidentale’, organizza da alcuni anni la ‘International March for Korea’s Peace and Reunification‘ allo scopo di far conoscere al mondo esterno il popolo coreano e dimostrare quanto si viva bene sotto il ‘governo del caro leader’ Kim Jong II. Il documentario “Friends of Kim” e’ stato girato nel 2006 da Raphael Wilking – Producer/Director e Hans van Dijk – Director/Researcher e vede la collaborazione in post-produzione di un manipolo di collaboratori. Partiti con differenti aspettative assieme a un gruppo internazionale di sostenitori della ‘causa’ fra cui un giornalista della ABC e alcuni entusiasti americani, il viaggio durato 12 giorni fra i momumenti colossali, le povere campagne coreane e gli spettacolini messi su da povera gente costretta a declamare la bonta’ del leader e del regime, si rivela una discesa claustrofobica verso l’assurdo e l’orrore.
Lo scopo del regista era anche di capire chi fossero questi occidentali che simpatizzavano con il regime esaltandone la bonta’, esaltando la bonta’ di una ideologia ufffcialmente bandita in molti paesi – tranne che in Europa occidentale (!) – e come mai ritenessero fallimentare il modello politico-economico occidentale.
Per approfondire il tema, consiglio anche di leggere la ‘ironica’ quanto claustrofobica graphic novel “Pyongyang: A Journey in North Korea” del franco-canadese Guy Deleuse, disponibile anche nella traduzione italiana. Deleuse disegna le realta’ filmate da Wilking e Van Dijk; palazzoni grigi, tutti uguali e impersonali, come i vestiti dei cittadini, piazze enormi vuote in cui capeggiano enormi monumenti, strade vuote, gente che cammina a piedi o va in bicicletta data la impossibilita’ di acquistare o possedere un’auto, volti tristi e sospettosi. Insomma, dietro la facciata di ordine ed efficienza si nasconde un’ atroce realta’.
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