Il Don Orione di Ercolano, centro di riabilitazione e ricerca per l’autismo e la disabilità intellettiva-relazionale, è altamente specializzato nella cosiddetta “Sport terapia”. I risultati riscontrati dagli atleti stessi ne sono la prova, parlano chiaro: in seguito alle gare di atletica, svolte lo scorso weekend ad Ancora, cinque atleti dell’ASCO (Associazione sociale culturale orionina), l’organizzazione no profit del centro, si sono aggiudicati ben sei medaglie. Lo sport non solo come benessere fisico dei pazienti ma soprattutto mentale, in quanto non si parla di disabilità fisiche ma cognitive relazionali.
Antonio Di Mauro, da quattordici anni ospite della struttura, sa bene qual è il sapore della vittoria: da Ancora è tornato con due medaglie d’oro, una vinta nei 400 metri e un’altra negli 800, ottenendo l’identico risultato dello scorso anno. Antonio ha vinto così tanti e diversi podi che non riesce più a quantificare l’esatto numero di vittorie. “Non so quante medaglie ho vinto”: dice sorridendo. Giuseppe Ciriello è arrivato secondo nei 3000 metri di marcia ed anche due ragazze capresi sono riuscite a salire sul gradino più alto del podio e a baciare l’ambita medaglia d’oro: si tratta di Giulia Cataldi, arrivata prima sia nei 400 sia negli 800 mentre Wanda Pacelli ha battuto tutti nella marcia dei 1500. Quarto posto nel salto in alto per il campione juniores Mirco Lamberti che si è anche classificato decimo nei 60 metri piano.
Il laboratorio per testare gli atleti del centro
Vittorie non solo in ambito sportivo ma soprattutto traguardi di vita, raggiunti non solo grazie all’immensa ed invidiabile forza d’animo ma anche grazie ai mezzi all’avanguardia, presenti nel laboratorio che permettono di dare risposte, degli output, ai preparatori che gli atleti, data la loro condizione, non sempre sono in grado di dare. Questi giovani stanno così ottenendo un ruolo importantissimo all’interno della società, educando gli altri ad avere una maggiore sensibilità e rispetto nei loro confronti. Alla domanda “Perché correte?” Antonio risponde che lo fa per soldi, risposta dettata probabilmente dalla voglia di emulare gli altri, i cosiddetti “sani” ma in realtà la sua è una scelta fatta per piacere, per passione, per volontà, come tutti insomma. Oltretutto ha le capacità per farlo: i risultati li ha raggiunti grazie ad un duro e costante allenamento di anni ed anni. Il suo obiettivo è semplicemente migliorare e dare il meglio, senza crogiolarsi e lamentarsi. Giuseppe, invece, dice di farlo semplicemente perché gli piace. Lo sport è indubbiamente per tutti.
“C’è bisogno di più dignità”: dice Diego Perez, preparatore atletico dei ragazzi e coautore di un testo (Le basi funzionali della sport terapia) incluso tra i programmi universitari di Scienze Motorie. “Il primo obiettivo è quello di utilizzare lo sport come mezzo d’inclusione sociale ma non è l’unico, vogliamo anche far capire cosa significa lavorare con la disabilità intellettiva perché quando si parla di disabilità spesso ci riferiamo a quelle fisiche. In quest’ultimo campo si lavora di più, basta pensare alle paraolimpiadi, con la disabilità intellettiva non è così, c’è molto meno. Dalle paraolimpiadi di Londra 2012 – continua Perez – sono stati inclusi anche loro e ci saranno anche in Brasile l’anno prossimo”. Il motivo del ritardo dell’inserimento della disabilità intellettiva nelle paraolimpiadi è dovuto al fatto che “conoscendo ancora poco la mente umana, è più difficile individuare la disabilità intellettiva”. C’è quindi anche una sorta di discriminazione, “le persone con le quali lavoriamo noi è come se li considerassero degli invalidi degli invalidi”.
L’idea di realizzare un programma sportivo nasce dalla ferma convinzione che bisogna considerare e trattare i disabili come i normodotati. Francesco Ambrosio, infermiere del centro ha affermato che: “Lo sport è selezione. Non tutti possono fare sport e se lo fanno non tutti vincono. Noi facciamo fare attività motorie a tutti i pazienti (centocinquanta persone circa, ndr) ma alcuni fanno sport semplicemente perché a differenza degli altri possono. Così vogliamo mostrare che i nostri ragazzi non sono diversi dagli altri ma veramente, non a chiacchiere. Se facciamo sport, quindi, facciamo selezione valorizzando i loro talenti per fare inclusione sociale”.
Uno degli obiettivi che si prefigge da anni il Don Orione è “fare cultura” sulla disabilità per eliminare ogni eventuale differenza tra disabili e normodotati. Analogamente tante altre strutture stanno raggiungendo gli stessi e nobili risultati. Cose da podio e medaglie nello sport, targhe, stima e orgoglio nella società.