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L’incipit del film è da classica commedia goliardica adolescenziale, con un ragazzo in camera che si masturba. Solo qui non è American Pie e c’è da subito qualcosa di strano, di morboso, di angosciante. Il ragazzo sta infatti guardando in rete una sorta di snuff movie, in cui il pornodivo di turno insulta pesantemente la sua “signora”, strozzandola. L’elemento disturbante da lì in poi sarà presente lungo tutta la durata di questo esperimento registico.Il protagonista è un ragazzo apatico che frequenta apaticamente una scuola privata per “figli di papà” insieme ad altri ragazzi apatici imbottiti di psicofarmaci e di droghe. Le giornate passano regolari, noiose e, indovinate un po’? apatiche, tra una lezione in cui fantastica sulla sexy prof di inglese e un “doposcuola” in cui lavora al corso di audiovisivi con la sexy compagna Amy, fino a che le ragazze più popolari e desiderate della scuola, le fantomatiche gemelle Talbert (nella loro sfortunata e quasi mitologica esistenza lontane discendenti delle vergini suicide di Sofia Coppola) vengono trovate morte in corridoio.
Non ci troviamo però dinnanzi a una pellicola teen classica, né tanto meno a un thriller, ma a un film sperimentale che ha come limite proprio quello di sembrare a tratti un esercizio di stile, un film da Festival più che una pellicola davvero sentita. Il tema principale trattato è quello controverso del rapporto tra adolescenza e violenza. O meglio: la rappresentazione della violenza. Per fortuna sono evitati ogni sorta di discorsi di tipo moralistico/studioapertolosi sul possibile influsso di YouTube, Internet o delle nuove tecnologie sul comportamento dei ggiovani bene d’oggi. Una riflessione sulla cultura dell’immagine che non è tanto una riflessione (e meno male, perché si sarebbe potuti cadere troppo facilmente nel banale) quanto una considerazione, un dato di fatto. È così che stanno le cose. PuntoLa telecamera rimane quasi sempre fissa, come nel capolavoro greco Kynodontas di Giorgos Lanthimos, a voler sottolineare la staticità di un ambiente scolastico chiuso, che ricorda molto da vicino quello alla Columbine di Elephant (altro capolavoro, stavolta firmato Gus Van Sant). E tanto per completare il quadro, ci possiamo mettere dentro anche un po’ di disperazione tipica del cinema di Todd Solondz (purtroppo senza la sua ironia malata).
Il regista Antonio Campos è all’esordio nel lungometraggio e nonostante provi in qualche passaggio a fare il registone d’autore che se la tira imitando modelli ancora troppo alti (oltre ai sopracitati anche l’inarrivabile Michael Haneke, mixato tra Funny Games e Caché – Niente da nascondere) dimostra un buon potenziale, così come i due attori protagonisti: Ezra Miller e Addison Timlin (quest’ultima da segnare come possibile nuova Kirsten Dunst). Il preside della scuola è invece interpretato dal “serious man” Michael Stuhlbarg.Il messaggio del film?Non c’è morale, non c’è messaggio. Se non che tutti siamo osservati. Sempre. E la realtà è più disturbante di qualunque fiction.(voto 6/7)
Incredibilmente, questo film è uscito in Italia (seppure con “soli” 2 anni di ritardo) ed è già disponibile in DVD in tutte le peggiori videoteche, oppure lo potete trovare QUI
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