Il "Dottor Sottile", grossolano nemico della sovranità sarda
Creato il 09 ottobre 2010 da Zfrantziscu
Si conclude oggi a Cagliari l'annuale congresso della Società italiana per lo studio della storia contemporanea, dedicato a “La costruzione dello Stato-nazione in Italia”. Nella due giorni di retorica patria, l'ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, oggi a capo del Comitato per il 150° della “unità d'Italia”, ha smesso l'abito di dottor sottile che gli era stato cucito addosso. E ne ha indossato uno casual e grossolano per lanciarsi, così trasformato, contro la Padania, i neo-borbonici e i consiglieri regionali sardi (anche del suo schieramento) che parlano di sovranità della Sardegna.Che non ci fosse da aspettarsi granché di diverso da una rimpatriata di guardiani della “unità nazionale” e di rianimatori bocca a bocca dello Stato-nazione, era facile capirlo dall'intervento del professor Raffaele Romanelli, scelto da L'Unione sarda a dare il senso del congresso: “Le opinioni [sull'unificazione, NdR] ancora una volta attingono non tanto a dati materiali, quanto a dati storico-culturali del tutto fantasiosi (come i miti del Carroccio e di Pontida, o la rivendicazione di specificità linguistiche locali o regionali), con una singolare commistione di storicismo e di analfabetismo storiografico, di storia e di incultura.” Da notare la serietà dell'approccio scientifico di chi mette nello stesso calderone i miti padani (comunque legittimi almeno quanto i suoi) e le lingue nazionali, così le definisce la “Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali” europee.A stare ai resoconti dei giornali, ci sono stati interventi più riflessivi e problematici, ma anche affermazioni lunari (che faranno felici alcuni teorici indipendentisti di casa nostra) come quella di un docente universitario di Pisa, secondo cui “il discorso identitario porta i germi dell’esclusione razzista, implica differenza e superiorità” e “il senso di una identità fissa e inamovibile”. Ma torniamo all'ex dottor sottile e alla sua crociata contro la sovranità. “La “sovranità del popolo sardo” è incompatibile con i princìpi della Costituzione repubblicana. Conosco la questione, ce ne siamo occupati con il governo Prodi” dice oggi in una intervista. Si riferisce alla bocciatura, da parte di Prodi, della legge statutaria voluta dal governo Soru, nel cui titolo si parlava, appunto, di sovranità del popolo sardo.Nel suo intervento al Congresso ha detto: “Oggi anche la nazione Italia è contestata. Qui nella vostra isola si discute di modificare lo Statuto parlando di sovranità da affermare. Per me che sono un giurista costituzionalista fa rabbrividire che la sovranità venga attribuita a una parte del popolo e non all'intera nazione”. Quella stessa nazione che egli definisce “esangue” e sulla quale vorrebbe che gli intellettuali facessero una trasfusione vivificatrice. Da “giurista costituzionalista” con i brividi dovrebbe sapere che proprio la Costituzione parla di popolo sardo, il quale esiste accanto al popolo italiano che egli finge sia un tutto, per cui la sovranità del popolo sardo non confligge affatto con quella del popolo italiano. Questo discorso, a parte ogni altra considerazione, da il senso della battaglia che la Sardegna si troverà ad affrontare, se il suo Parlamento terrà fede a quanto è emerso dal dibattito sullo Statuto, contro le incrostazioni nazional-stataliste, interpretate da Amato a Cagliari. Eppure, la questione della sovranità è già fonte, se non di diritto di volontà politica del nostro Parlamento. Il 24 febbraio 1999 (governo Palomba in Sardegna e D'Alema in Italia) fu approvato con 44 sì, 2 no e 13 astensioni una mozione che “dichiara solennemente la sovranità del Popolo Sardo sulla Sardegna, sulle isole adiacenti, sul suo mare territoriale e sulla relativa piattaforma oceanica”. Né risulta che Giuliano Amato, allora ministro delle riforme istituzionali abbia eccepito alcunché. Vero è che, undici anni fa si pensava lontano dalla necessità di correre ai ripari con trasfusioni alla “nazione esangue” ed era lontano anche il 150° della cosiddetta “unità d'Italia”, ma un po' di pudore non guasterebbe. Per completezza dell'informazione, il giorno erano in Consiglio 59 degli 80 consiglieri, gli astenuti (13) provenivano da quasi tutti i gruppi e i due contrari furono il giornalista Giancarlo Ghirra (Progressisti federalisti) e il medico Aniello Macciotta, eletto con Patto Segni, dal cognome di quel Mario di cui anche recentemente ci siamo occupati per il suo sconvolgente articolo sulla riforma dello Statuto.
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