Il “dovere” di essere a destra

Creato il 05 dicembre 2011 da Albertocapece

Certe verità vengono fuori tra le pieghe dei discorsi, nelle pagine defilate di qualche giornale, nella fuzzy logic malandrina che talvolta scappa all’aedo come la corda mal pizzicata della lira. Così la sostanza ideologica della manovra che si è pretesa dall’Italia, o meglio che l’establishment italiano ha chiesto all’Europa di imporre, salta fuori a sorpresa da un articoletto di Luigi Zingales su l’Espresso.

Zingales per chi non lo sapesse è in realtà Robert  McCormack  ex bocconiano, docente di economia a Chicago, epicentro del neoliberismo finanziario, che nel bel mezzo della buriana interviene con un articolo ambiguo sulla Merkel, prima lodata e poi bacchettata. Il doversi tenere così bene in equilibrio sulla corda della realtà economica e delle ricette ideologiche, ha l’effetto di un lapsus che svela non volendo il retroscena. Il succo del pezzo è che Angela ha fatto benissimo con la sua politica dei no a cominciare dalla crisi greca ma poi, come se niente fosse, l’autore cambia registro e sostiene che: “La crisi di fiducia non è più limitata ai Paesi periferici, ma si sta estendendo al nocciolo duro: Austria, Finlandia, Germania stessa. Di fronte a una crisi generalizzata dei titoli sovrani, i governi hanno solo una risorsa: l’uso della banca centrale come acquirente di ultima istanza.” 

Ora questo è in completa contraddizione con l’asserzione iniziale perché se la crisi fosse solo dovuta al debito non si comprende perché si dovrebbe estendere ai Paesi virtuosi e soprattutto non si capisce che senso abbia imporre politiche recessive e dunque inefficaci (l’iniquità credo interessi molto poco a McCormack) quando poi si invoca una Bce che in sostanza eroghi tutto il denaro di cui c’è bisogno. Qualcosa non funziona nel ragionamento, ma pazienza, sono tante le cavolate che dicono i neoliberisti che non è una sorpresa. Tuttavia il prologo serviva ad introdurre la parte sostanziosa per il lettore italiano: “Angela Merkel aveva ragione quando diceva che la Grecia era insolvente e la Bce non doveva intervenire. Aveva ragione anche quando diceva che l’Italia doveva fare il suo dovere prima di essere salvata. Adesso però che sia la Grecia che l’Italia stanno facendo il loro dovere e la crisi si è spostata sulla Francia e il Belgio, la sua posizione di rigidità diventa eccessiva.” 

Ed è qui che non si capisce più niente: perché è vero che la Grecia aveva mentito sui suoi conti, è vero che l’Italia  ha un forte  debito pubblico, dovuto peraltro a fenomeni corruttivi e di malgoverno che non sono stati per nulla corretti. Però è anche vero che il problema della Grecia poteva essere risolto con una spesa contenuta all’inizio della crisi e che l’Italia ha spese sociali nel complesso inferiori agli altri grandi Paesi. Allora perché prima la Merkel aveva ragione e oggi invece ha torto? Forse che la Grecia e l’Italia non meritavano attenzione come la Francia e il Belgio per non dire della Germania stessa?

Non viene spiegato, ma la soluzione del dilemma la si trova in ciò che viene dimenticato: stranamente non si fa cenno alla Spagna e al Portogallo che pure all’inizio erano nel pieno dello tsunami assieme alla Grecia e tuttora sono tra i flutti tempestosi anche se non se ne fa cenno. Non sarà per caso che i due Paesi iberici hanno adesso governi di destra e dunque la speculazione ha raggiunto il suo scopo? E non è che l’Italia si è data un governo apparentemente tecnico, ma in realtà molto a destra, anche se la cosa sfugge ai più dopo la catastrofe berlusconiana? E non sarà che Francia e Germania sono già a destra, quindi hanno già fatto il loro dovere e in caso di contagio non possono che essere portate fuori dal maelstrom da una Bce trasformata in una vera banca centrale?

E’ evidente, leggendo il pezzo, che solo in questa prospettiva esso ha  un senso logico e razionale: unicamente tagliando le spese sociali si ha diritto ad essere salvati che serva o meno perché questo prescrive l’ortodossia. In effetti non è nemmeno un pensiero, ma un retropensiero che viene fuori prepotente, che rende chiare anche certe scelte nostrane dei “tecnici”. E mi asterrò dalle facili battute.


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