Immagine di Linnaea Mallette
Quando l’Elfo entrò nella baita, Babbo Natale aveva appena gettato un fascio di lettere nel camino. Le fiamme stavano ancora divampando, spargendo scintille su per la cappa e diffondendo per tutta la casa l’inconfondibile odore di carta bruciata, ma, più che la ferocia del fuoco, era l’ira dell’omone in tuta rossa a surriscaldare l’interno.
«Mi hanno preso per un corriere! Ecco cosa sono! Vado a prendere i regali che loro decidono e glieli porto a casa il tale giorno alla tale ora, senza un briciolo di sorpresa, senza un briciolo di aspettativa, senza un briciolo di magia!»
«Ma Babbo…» provò a dire l’Elfo, subito zittito da un nuovo fiotto di lamentele.
«Alcuni mi scrivono addirittura dove devo andare a comprare i regali! Senti qua!» Riprese dalle fiamme una letterina carbonizzata che tornò integra nelle sue mani e cominciò a leggere. Le sopracciglia disegnavano una dura linea bianca sotto la fronte corrugata, simile alla spuma di un mare in burrasca che le onde lasciano sulla spiaggia. «Caro Babbo Natale, vorrei tanto la GrandConsole. Al centro commerciale vicino casa stanno facendo una promozione che se prendi anche un gioco te ne regalano un altro. Potresti prendere Super Calcio e Piloti, così uno lo regali a mio fratello, che anche lui è stato buono quest’anno.» Appallottolò la lettera e la gettò di nuovo nel camino. «Capisci?» sbraitò rivolgendosi all’Elfo. «Sono diventato un esecutore, mentre una volta ero un creatore! Ai tempi di tuo padre, mio piccolo amico, ero io a ideare i giochi, io sapevo cosa desiderava ogni bambino in fondo al suo cuore, io lo realizzavo e io glielo donavo. Io!» Si rilasciò sulla poltrona. Adesso il volto era tanto affranto da sembrare rilassato. «Cosa sono invece ora? Dov’è la magia?»
«Oh, stupidaggini! È lei che ha mollato!» si lasciò sfuggire l’Elfo.
«Come?» Babbo Natale lo fulminò con lo sguardo e l’aiutante si fece ancora più piccolo di quanto non fosse.
«Volevo dire…» si affrettò a spiegarsi. «Succede ogni anno la stessa cosa: arrivano le lettere, lei si arrabbia, parla del Natale di una volta, dei bambini, dei regali, della magia, ma non fa niente perché le cose tornino quelle di un tempo. Pensa davvero che quel bambino vorrebbe una SuperConsole, o come si chiama, se potesse avere un regalo fatto da lei? Uno di quelli che creava quando mio padre era al suo servizio, che conoscevano l’animo del bambino a cui erano destinati, che davano la gioia più vera perché era una gioia insperata.»
Le guance dell’Elfo si tinsero di una sfumatura rossa sotto il naturale colore verdastro.
Babbo Natale lo guardò da sopra gli occhiali. I suoi occhi erano rimasti duri, ma in mezzo alla barba bianca la bocca si andava increspando in un sorriso.
«Cosa mi stai suggerendo, Elfo?»
Il piccoletto disse con slancio: «Riattivi il FabbricaDoni!»
«Ho-ho-ho! Questo è parlare, mio piccolo amico!»
Il sorriso adesso splendeva tra la barba di Babbo Natale, che scattò in piedi e spostò il soprammobile a forma di renna sulla mensola del camino. In un attimo la cappa risucchiò fiamme, braci e i resti inceneriti delle lettere, poi il fondo si aprì e Babbo Natale ci saltò dentro trascinandosi dietro un sacco vuoto.
L’Elfo attese titubante qualche secondo, spostando gli occhi dalla renna alla botola e dalla botola al cunicolo annerito che si apriva nel cielo.
«Non stare lì impalato o ti perderai l’accensione!»
Quando l’Elfo scese, Babbo Natale era seduto su uno sgabello e si stava togliendo il cappello rosso e bianco per indossare un casco fatto di luci colorate simili a quelle usate per decorare gli alberi. I fili delle lampadine erano connessi a un monitor e da quello partiva poi una serie di cavi azionanti bracci meccanici che si risvegliavano in quel momento stiracchiandosi e gemendo.
«Di chi è la prima lettera?»
L’Elfo si guardò attorno perplesso: le lettere erano finite tutte nel camino. Ma poi vide il sacco gonfio di buste. Ne aprì una ridendo.
«Serena dai Monti Nevosi!»
Le lampadine si accesero, dapprima emanando una luminosità fissa, poi ammiccando a intermittenza con differenti velocità.
«Ah, Serena!» Con un ultimo rullio di luci comparve sul monitor l’immagine di un paio di sci gialli e blu. I bracci meccanici presero subito a realizzarli così come apparivano nella mente di Babbo Natale e sullo schermo. «Serena ama lo sport e le montagne. Sfreccerà su quei pendii!»
«Marcos dalla città di Varsa!»
Di nuovo, ricominciò la danza delle lampadine. Il monitor del FabbricaDoni mostrò la sagoma sempre più dettagliata di una batteria e i bracci si mossero per tendere membrane e assemblare tamburi.
«Quel ragazzino nasconde un talento che non sa ancora di avere.»
«Ana dalla Riva Est!»
Il FabbricaDoni continuò a realizzare i regali per il resto della notte e le luci sul casco di Babbo Natale a spargere ovunque bagliori colorati, disegnando l’aurora boreale nel cielo del Polo Nord.
Sì, quel Natale sarebbe stato di nuovo magico.
Il racconto che avete letto è opera di Ariendil ed è risultato uno dei migliori del Lab di dicembre 2014.
La traccia del Lab era stata scelta da Luna (vincitrice dello scorso Lab) ed era la seguente:
Chi crea davvero i doni che porta Babbo Natale?
C’è chi dice che siano gli elfi, chi dice che li crea lui stesso… Ma se così non fosse? Chi è che crea davvero i regali?
Il limite massimo di caratteri era di 5.000, spazi inclusi, con 200 di tolleranza.
ariendil
Chi sonoMi sarebbe piaciuto essere una cantastorie nei tempi in cui le storie si raccontavano in piazza o accanto al focolare. Ma non mi dispiace essere ciò che sono: una ragazza con la passione per la scrittura e la lettura (fantasy e non solo) che per lavoro si occupa di cuori… Alla fine, si tratta sempre di raccontare una storia.
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