Dalla tradizione commerciale e giuridica anglosassone abbiaamo esportato un tipo di rapporto contrattuale che prende il nome di factoring.
Nel quadro di un’economia globalizzata, senza frontiere, caratterizzata da spostamenti continui di capitale e di insediamenti industriali e dell’ossessione della competitività, nasce questo contratto, un modo veloce e pratico per reperire risorse.
Facciamo un esempio: io sono un imprenditore e ho, nell’esercizio della mia impresa acquisito vari crediti verso, per esempio, i fornitori, quindi, sono un creditore che nel tempo verrà rimborsato del capitale più gli interessi che ha dato in prestito, ma c’è un problema, io, per i più svariati motivi, ho bisogno di quei soldi subito, ho bisogno di risorse e allora come si fa?
Vado dai debitori e dico di restituirmi subito i soldi?
No, non sarebbe educato e nemmeno legittimo se nei contratti di prestito è inserito un termine per la restituzione, e allora come si fa?
Io, imprenditore, a questo punto, cedo ad un’altra persona, detta factor, i crediti che vanto verso vari soggetti, il factor, mi anticipa in tutto o in parte tutti i soldi che io, nel tempo, dovrò avere dai debitori.
Ovviamente questa operazione ha un costo, a fronte del pagamento anticipato da parte del factor, l’imprenditore deve sostenere un costo al factor.
Negli ultimi giorni, un recente studio rileva che il tasso di interesse applicato a questo rapporto si attesta intorno al 5% per la gestione di crediti con un valore non superiore ai 50 mila euro, per cifre maggiori, invece, il tasso scende intorno al 3%.
In sostanza il factoring è una forma di finanziamento, un imprenditore che ha bisogno di liquidità, invece di scegliere la strada di contrarre un mutuo o un prestito, può, avendo dei diritti di credito, cedere questi e avere subito l’importo dovuto. Il factoring conviene alle imprese dunque che necessitano di liquidità e che non possono accollarsi nell’immediato la “fatica” di pretendere i soldi dai debitori.