Il 10 gennaio 2011 Benedetto XVI nel suo discorso tenuto di fronte al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ha sottolineato la presenza di «un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie» laddove «è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale» che trasmettono concezioni della persona che «riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione». Il Pontefice ha poi esortato «tutti i governi a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l’educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarietà, fondamentale per organizzare una società giusta». Recentemente, lo specialista in Medicina Interna e Segretario dell’associazione “Scienza & Vita” di Pisa e Livorno, dott. Renzo Puccetti, è intervenuto sulle parole del Santo Padre e sulle critiche ricevute per queste parole. «Si sostiene infatti che l’educazione sessuale obbligatoria nelle scuole è un progresso e si porta l’esempio di cosa è avvenuto in Francia, Olanda, Svezia, indicando quelle esperienze come veri modelli di civiltà, di pluralismo e scientificità», si legge su Corrispondenza Romana. Il dott. Puccetti spiega che l’educazione sessuale insegnata ai bambini e ai ragazzi nelle scuole dovrebbe servire a ridurre le malattie sessualmente trasmesse, le gravidanze indesiderate e gli aborti tra i giovani. Ma questi obiettivi sono stati raggiunti?
Inghilterra. Nel 2009 il prestigioso “British Medical Journal” ha pubblicato uno studio in cui i ricercatori, dopo aver analizzato un gruppo di 446 giovani a rischio, hanno verificato che le ragazze a cui era stato fornito un programma contenente informazioni sulla contraccezione mostravano un tasso di gravidanze tre volte e mezzo superiore rispetto alle coetanee che non avevano frequentato quelle lezioni. Con un tasso di abortività tra le giovani fino a 19 anni pari a 23, in Inghilterra l’ente preposto ha dato il via libera per la pubblicità televisiva delle cliniche per aborti. Il tasso di malattie sessualmente trasmissibili è decisamente alto: il 6,2%
Francia. E’ il Paese in cui il numero di pillole del giorno dopo vendute nell’ultimo anno è stato di un milione e centomila confezioni, la nazione in cui il 95% delle donne sessualmente attive che non desidera una gravidanza usa la contraccezione, in massima parte fatta di pillola e spirale, il Paese in cui sono obbligatorie 40 ore all’anno di educazione sessuale. Bene, proprio in questo paese nel 2007 sono stati praticati 213.382 aborti, con un tasso di abortività tra le ragazze di 15-19 anni pari a 15,6. Il tasso di malattie sessualmente trasmissibili è del 3,9%.
Svezia. Qui l’associazione per l’educazione sessuale è stata fondata nel 1933 dalla femminista Elise Ottesen-Jensen, nel 1945 apparve il primo manuale per l’educazione sessuale rivolto agli insegnanti e nel 1955 l’educazione sessuale nelle scuole è divenuta obbligatoria. Fin dalla più tenera età si insegna a impratichirsi con il profilattico durante i “condom’s days”. Eppure il tasso di abortività tra le giovani arriva al 22,5, cioè tre volte più alto rispetto a quello registrato tra i coetanei italiani.
Italia. Se in Svezia, nonostante l’obbligo di educazione sessuale, il tasso di abortività è del 22,5, i coetanei italiani raggiungono nell’ultima relazione il 7,2. Eppure, i giovani italiani non hanno obbligo di frequenza a corsi di educazione sessuale, ma si informano dagli amici, da Internet e, pensate un po’ che obbrobrio, persino dai genitori. Anche rispetto alle malattie sessualmente trasmesse, gli italiani -informa l’Organizzazione Mondiale della Sanità- hanno il tasso più basso: 2,7%.
«Se questi sono i risultati dell’educazione sessuale a scuola – conclude Puccetti – voglio essere ottimista e sperare che in Italia non si dia più neppure un centesimo per queste iniziative, lasciando che ciascuno, secondo il proprio grado di maturazione, inizi il proprio percorso di avvicinamento alla scoperta di una dimensione dell’umano grandiosa e potente».