I racconti d’amore mi disgustano. Non li leggo mai. Mi danno l’orticaria. Ho il romanticismo di una scatola di cartone. Per tollerarli devono essere o estremamente divertenti o straordinariamente tragiche, tristi, malati. Ma non alla Giulietta e Romeo che è una roba da strapparsi tutti i capelli dalla noia.
Il Fantasma dell’Opera è per me l’ideale del racconto d’amore. Lo lessi per la prima volta oltre dieci anni fa. Ne trovai una copia in un mercatino dell’usato. E’un’edizione del 1971, il prezzo di copertina è di 600 lire e la rilegatura ha ceduto, si tiene insieme con i colpi di spillatrice che le ho inflitto. Ma non voglio buttarlo o sostituirlo con una nuova edizione. La traduzione è superlativa e il volume odora di libro vecchio, che uno degli odori più belli in assoluto. Chissà perchè il vecchio proprietario se n’è sbarazzato. Io, da parte mia, lo comprai solo perchè non pensavo fosse una storia d’amore. Diciamo che la quarta di copertina porta una trama forse non molto sincera e io lo scambiai per un romanzo horror/giallo. Se avessi saputo di cosa si trattava, sicuramente – in preda alla prevenzione – non lo avrei letto. Invece l’ho adorato.
Anche se, francamente, non ho mai capito perchè Christine avrebbe mai dovuto preferire quel merluzzo lesso di Raoul (lo dice pure l’autore che era effemminato!) a Erik. Ok, era brutto come una colica e proprio bene-bene-bene di testa non stava. Ma non è che non avesse motivo per non saper distinguere il bene dal male. Però aveva carattere. Cantava divinamente. Aveva senso dell’umorismo. E poi lo diceva pure lui: “Mi è mancato solo l’amore per essere buono!”.
Vi voglio lasciare uno dei passaggi più drammatici, più forti. E’la prima volta che Christine vede Erik. I due cantano insieme l’Otello e lei è totalmente rapita dalla voce di Erik. Ne è rapita al punto da commettere il più grave degli errori: gli strappa la maschera.
“Volli vedere il viso della Voce e, istintivamente, con un gesto involontario poiché non ero più padrona delle mie azioni, le mie dita gli strapparono la maschera. Oh! Orrore! Orrore! Orrore! ”
Christine si fermò a quella visione che pareva voler allontanare con le sue mani tremanti e tuttavia gli echi che la notte, nel momento stesso in cui essi avevano ripetuto il nome di Erik, parevano ripetere tre volte l’urlo “Orrore! Orrore! Orrore!”.
[...]
“Oh, vivessi cent’anni sentirò sempre l’urlo inumano che lanciò, il grido della sua rabbia e del suo dolore infernali, mentre quella cosa appariva ai miei occhi sbarrati dall’orrore, e l’urlo che voleva uscirmi dalla gola si fermava sulla bocca paralizzata. Oh, Raoul, quella cosa! Come riuscire a dimenticare quella cosa! Se le mie orecchie sono piene per sempre delle sue grida, i miei occhi sono per sempre ossessionati dal suo viso.
[...]
“Chino su di me gridò
E cominciò a ghignare ripetendo ; la sua risata era un ringhio rauco, schiumante, terrificante…Disse ancora frasi di scherno come
“ sibilò alle mie orecchie. cominciò ad urlare, Mi buttai ai suoi piedi ma prese le mie mani, Raoul, e le ficcò nella sua faccia orrenda. Con le mie unghie si graffiò le carni, quelle orribili carni morte.
urlava dal fondo della gola che soffiava come un mantice