Ogni tanto esce un film che esula dal puro intrattenimento e va dritto al cuore della realtà com’è e come nessuno ce la racconta, offrendo uno sguardo differente, logico, senza assoluzioni su quello che abbiamo vissuto e che non ci piace ammettere. Così è l’ultimo lavoro di Roman Polanski.
Un lavoro assoluto: chi se ne frega se Pierce “Mamma mia” Brosnan è o non è Tony Blair. E’un ex primo ministro inglese che ha approvato un’assurda guerra contro l’Iraq e contro l’Afganisthan usando il terrorismo islamico come scusa, nel solo ed esclusivo interesse della politica di un’amministrazione USA, quella passata.
E che importa se effettivamente Blair è stato o meno ingaggiato dalla CIA, come ipotizza il film? L’importante è far vedere come un attore oggi possa essere scelto come leader politico di spicco e proiettato al potere attraverso l’influenza dei media (Reagan? Schwartzenegger? Berlusconi?) e facendo leva sulle paure della gente, senza nessuna remora morale.
Hanno parlato di Hitckock per questo film, e forse il paragone è assurdamente un po’ ingeneroso, perché è il più nettamente Polanskiano da almeno 25 anni a questa parte, dall’ Inquilino del terzo piano di cui sembra ricalcare l’angoscia demenziale e l’ineluttabilità del “nero fine”. Ma c’è anche un po’ di Costa Gavras, l’analisi del potere, l’interrogarci su cosa davvero oggi è diventata la democrazia.
Il cast è formidabile: Ewan Mc Gregor si conferma uno dei pilastri dell’arte cinematografica contemporanea (ce n’era bisogno dopo bazzecole come Big Fish o Moulin Rouge? ), la meravigliosa Olivia Williams è la figura più inquietante e sorniona, Kim “Sex and the City” Cattrall è una perfetta finta cattiva che alla fina invece è la buona, il tema del Ghost Writer, il persuasore occulto, è pieno di fascino. Il finale, con i fogli della biografia che svolzzano per una strada di Londra, è già da antologia del cinema. Credo che sarà una delle poche pellicole d’oggi che i nostri figli vorranno rivedere anche fra 50 anni. Se glielo lasceranno fare.