Una delle più interessanti leggende cagliaritane riguarda la Grotta dei Colombi situata alle pendici del colle Sant’Elia, nei pressi della fantastica insenatura di Cala Fighera.
Si trova verso la punta della penisola ed e’ costituita da un’ampia cavità naturale che si apre appena sopra il livello del mare, il suo nome deriva dalla grande quantità di colombi selvatici che in passato vi si sono annidati. Nota sin dall’antichità, ha un ingresso di forma triangolare accessibile solo dal mare, l’ambiente interno ha forma approssimativamente circolare con un diametro di una trentina di metri ed una ventina di metri di altezza.
Nella sua guida della città di Cagliari il canonico Giovanni Spano scrive che la grotta è frequentata dai cacciatori ed il guano prodotto dagli uccelli per secoli è stato prelevato dal pavimento della grotta per essere utilizzato come concime. Essendo accessibile solo via mare, con l’ausilio di una piccola imbarcazione, veniva prediletta dai pescatori della zona e in particolar modo dai cacciatori che andavano a prendere i volatili.Occorre dire che nel 1600, in questo antro e nelle acque antistanti, per evitare ulteriori contagi venivano lasciati i cadaveri degli appestati portati sopra grandi imbarcazioni a remi, sia dalla città che dal vicino Lazzareto di Sant’Elia.
Nell’800 la grotta è stata a lungo evitata perché si pensava costituisse il nascondiglio di uno spettro maligno chiamato Dais.
Probabilmente il Dais venne attirato nella cavità con l’illusione di dover fare una gita gradevole con caccia di colombi. Si racconta che gli assassini si sbarazzarono del suo cadavere abbandonandolo sanguinante nel breve tratto tra l’ingresso della grotta e l’acqua marina. Naturalmente l’anima di colui che perde la vita per morte violenta non può riposare in pace e il lugubre lamento della vittima si è perciò fatto sentire a lungo tra le tenebre dell’antro e le circostanti acque, rievocando così l’assassinio e incutendo terrore in coloro che dal mare, scorgevano l’ingresso della cavità.
Il perchè venne ucciso è da ricercare nei fatti storici che qualche tempo prima, precisamente tra il 1794 e il 1795, vide lo stesso Dais uno dei maggiori organizzatori di tumulti popolari che cessarono con l’uccisione dei Cavalieri Girolamo Pitzolo e Gavino Palliaccio, creduti dal volgo “infami traditori”.
Gerolamo Pitzolo fu nominato da Vittorio Amedeo III di Savoia intendente generale e questo fatto contribuì a suscitare nel popolo invidia e odio. I suoi oppositori congiurarono contro di lui e sobillarono il popolo.
Furono messe in giro voci calunniose come quella di essersi impossessato dell’oro abbandonato dai francesi in ritirata. Il 6 luglio 1795 cadde nelle mani del popolo che, sembra per opera dello stesso Dais, di professione barbiere, lo uccise mentre veniva accompagnato alla torre di San Pancrazio per esservi imprigionato. Fu poi massacrato dalla folla, spogliato e abbandonato sul selciato.