Venerdì 17 luglio l’intera pagina 19 del quotidiano Dolomiten, cioè quella di apertura per la cronaca di Bolzano, parlava di Benko. Ben 11 prese di posizioni a favore, incluse quelle dello stesso imprenditore austriaco, tutte irte di precisazioni e rassicurazioni sulla natura non solo commerciale, bensì anche sociale del progetto in questione. Il rischio è che, a fronte di una così minuziosa e ripetuta esternazione d’intenti, l’espressione del voto del Consiglio comunale, previsto per giovedì prossimo, venga caricato di un peso abnorme. Come se, insomma, la dannazione o la salvezza dello sviluppo dell’intera città passasse ormai esclusivamente per l’agognata o temuta realizzazione del Kaufhaus e dei suoi spazi adiacenti.
Forse non è inutile ricordare come si sia potuta verificare una tale sproporzione. Alla base riscontriamo l’incapacità dell’amministrazione locale di discernere in modo chiaro l’interesse pubblico da quello privato, finendo per identificare proprio nell’intervento di un privato l’unico modo di risolvere i problemi affiorati e ingigantiti nello spazio pubblico. Da qui, anche, l’insostenibile trucco linguistico: nascondere nel termine “riqualificazione” un plesso di interessi di evidente altro tipo.
Incapacità e mancanza di coraggio hanno rischiato di far naufragare la formazione della giunta dopo le elezioni di maggio, e a distanza di poche settimane l’eventualità di un pronunciamento segreto dei consiglieri è ancora lì a segnalare che l’esito di una soffertissima riconquista della sovranità – il commissariamento era davvero a un passo – potrebbe rivelarsi un poco edificante “ballo in maschera”. Speriamo che almeno questo ci venga risparmiato.
A prescindere dall’esito della votazione del Consiglio è altresì chiaro che il fantasma di Benko continuerà ancora ad accompagnarci a lungo, incrudelendo la contraddizione evidenziata. L’accusa di voler conservare lo status quo, con i relativi privilegi distribuiti a pochi commercianti indigeni, cadrà sui fautori di una versione più ecologica e meno liberistica della città. D’altro canto, non si può negare che neppure l’alternativa, rappresentata dalle promesse scintillanti di un Tycoon venuto a farci attraversare un inverosimile deserto di opportunità, appaia molto più promettente. Ricomporre l’equilibrio spezzato costerà fatica a tutti. Ancora una volta occorrerebbe una leadership in grado di guidare lo sviluppo della città nei prossimi anni. Se emergesse, grazie anche al voto di giovedì, siamo pronti a gridare al miracolo.
Corriere dell’Alto Adige, 18 luglio 2015, pubblicato col titolo “Servirebbe una Leadership”