Secondo il rapporto – a quanto riferisce il WSJ – se da un lato l’azione congiunta UE-BCE-FMI “ha dato più tempo all’area euro per costruire una cortina di protezione a beneficio di altri Paesi membri vulnerabili evitando effetti potenziali gravi per l’economia globale” dall’altro è stata condotta con approssimazione e ingiustificati ritardi. In particolare il Fondo punta il dito contro i paesi creditori (Germania in testa) che hanno dato il loro consenso alla ristrutturazione del debito greco solo nel 2012, due anni dopo l’inizio del programma, e contro la Commissione UE che non era preparata a operazioni di salvataggio.
Lo studio, smentendo le dichiarazioni ufficiali della stessa Christine Lagarde, svela anche che i funzionari del FMI avevano forti dubbi circa la sostenibilità del debito pubblico greco. Fatto che, se riconosciuto, avrebbe forse portato più rapidamente all’hair cut.
Il FMI torna ad ammettere i suoi errori di previsione: inizialmente le proiezioni di Washington parlavano di una contrazione del 5,5% tra il 2009 e il 2012. La realtà è stata molto più pesante: -17%. Riguardo la disoccupazione, si è passati dal 15% delle previsioni all’effettivo 25%. Allentare l’austerità – aggiunge il Fondo – avrebbe evitato dati così negativi, ma non era politicamente possibile per le resistenze dell’Unione europea.
Alla fine dei conti, quindi, la Grecia non si è avvantaggiata del salvataggio, piuttosto, secondo il rapporto, il vero vincitore è l’Unione Europea che ha così potuto prendere tempo per far maturare le condizioni politiche necessarie ad elevare le barriere anticontagio, l’ESM e i programmi di espansione monetaria della BCE.
E proprio quest’ultima ieri è tornata a parlare, per bocca di Draghi, sottolineando che quanto fatto in Grecia è stato fatto bene proprio perché ha permesso di guadagnare tempo, salvando così la moneta unica. Ma, ironicamente, proprio le parole di Draghi hanno determinato una giornata che ha visto le borse crollare, in particolare Milano, a causa delle previsioni pessimistiche della stessa BCE e per il mancato abbassamento dei tassi di interesse e la messa in campo di nuovi strumenti come i tassi negativi. A dimostrazione che i pericoli per l’eurozona non sono affatto alle spalle e le spinte centrifughe possono tornare a farsi sentire in ogni momento.
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