Mi sono convinto che l’Italia non esiste, è un racconto di Lewis Carrol, un seguito di Alice nascosto in un cassetto, un Paese che ha sempre rifiutato di guardarsi allo specchio, ma che ha sempre tentato di vivere dietro lo specchio. Sembra impossibile come la corsa della Regina Rossa eppure i quotidiani e le tv, i giornaloni da salotto e i salotti da giornale, sembrano scoprire solo ora, dopo la la decadence del Cavaliere, che non per questo è morto il berlusconismo. Tonnellate di parole vengono versate per asseverare questa geniale folgorazione e le penne più acute non si lasciano scappare l’occasione di farsi una bella strambata sull’acqua calda.
Immagino che dovremmo fare ohhh come i bambini davanti ai regali di Natale, dovremmo provare sorpresa di fronte a tanta perspicacia e credere che uno tiene in pugno un Paese per vent’anni, così per puro caso o fortuna, per colpo di culo, e che quando per qualche ragione viene costretto a lasciare, è come se non fosse successo niente. Invece sappiamo bene – e se non lo sappiamo ce lo ricordano ogni giorno le tristi cronache – come sia stato profondo l’influsso del tycoon sul Paese che oggi si ritrova non solo dentro una tempesta economica, ma anche dentro un’emergenza etica. Sappiamo come abbia cancellato la politica, prendendola in ostaggio e ponendosi come termine di riferimento per il suo schieramento e per l’opposizione. Conosciamo l’inconsistenza del suo nazional liberismo, che tuttavia è stato accuratamente preservato. Non c’è nulla che non sia stato toccato dal re Mida al contrario.
Certo che il berlusconismo continuerà ancora a lungo fino a che le sue premesse, le sue crepe, le sue conseguenze palesi o occulte non saranno state guarite, a meno che davvero non si pensi che basti un intrigo di palazzo tessute con le vecchie tattiche a risolvere il problema. Se proprio si voleva dire qualcosa di più interessante si sarebbe potuto far notare che non è stato Berlusconi a instaurare il berlusconismo, ma quest’ultimo a permettere la discesa in campo di Berlusconi e il suo successo. La mentalità sulla quale ha fatto leva il tycoon era già da tempo in formazione e il Cavaliere non ne è stato che il megafono prima e l’utilizzatore finale poi. In effetti si fa fatica a vedere oggi qualcosa che non sia berlusconiano o che non faccia riferimento a modalità e prassi del berlusconismo primitivo, nato nelle catacombe già piduiste dell’ultima dc, laicizzato da Craxi e oggi in via di essere ereditato da Renzi, da un’ennesimo grande comunicatore che non ha nulla da comunicare. In realtà il fenomeno Berlusconi è esploso nel momento in cui è implosa l’opposizione all’Italia di cui stiamo raccogliendo le materie.
Ma forse sono io poco raffinato e un po’ babbione. Perché l’amena sorpresa sulla continuazione del berlusconismo potrebbe essere solo un’assoluzione preventiva riguardo a una strana maggioranza e uno strano governo che ora hanno perso il loro alibi psicologico e politico. Così, ecco, Silvio non c’è più, ma il suo fantasma, facendo stridere le catene, costringe a fare cose sostanzialmente analoghe. Parola di fantasmi.