Ad ogni buon conto, calcare la mano su certe consonanze per creare paralleli, è controproducente. Uno degli assi portanti della strategia di Grillo e Casaleggio è proprio quello di riprendere stilemi comunicativi tipici dei totalitarismi, riproponendoli con ambiguità tra la parodia e la mimesi. Questo proprio per offrire agli avversari dei paragoni che risultano spropositati per il suo bacino elettorale. In questo modo, è gioco facile per Grillo crearci sopra la retorica del “solo contro tutti”, in modo da consolidare lo spirito d’appartenenza del suo elettorato.
Grillo, per ora, ha esclusivamente rastrellato i voti, strizzando l’occhio e stringendo la mano a destra e a manca. Il suo scopo è stato quello di ampliare al massimo il consenso elettorale e l’ha ottenuto. Ma questo significa che il suo elettorato è estremamente volatile: si può ampliare ulteriormente, raccogliendo i voti più pulsionali di pdl e lega, cosa che Grillo ha già iniziato a fare, ma si può drasticamente ridurre, dato che il suo unico cemento è l’odio generico verso lo status quo.
La strada seguita da Bersani è l’unica percorribile. Il suo successo non è improbabile, ma molto aleatorio. Dipende dalle reali intenzioni di Grillo, dalla capacità di influenzarle dei suoi consiglieri, come Celentano e Fo, dall’autonomia che i senatori grillini dimostreranno a Palazzo Madama. Portare avanti la demonizzazione farà fatalmente crescere il suo consenso. Dimostrare la sua irresponsabilità di fronte alla grave situazione è l’unica arma contro la sua macchina da guerra. Sempre che gli elettori, in un’eventuale prossima tornata, dimostrino finalmente una capacità razionale degna di una democrazia seria.