“Il Festino di Santa Rosalia, nella concezione cristiana va considerato come un “memoriale”, ossia il ricordo di un evento del passato che si rivive nel presente e ci fa guardare con speranza al futuro. Voluto dal mio grande predecessore il Carinale. Giannettino Doria nel lontano 1624, esso ricorda la liberazione della nostra Citta’ dalla peste in seguito al ritrovamento delle reliquie di Santa Rosalia sul Monte Pellegrino, che segno’ una svolta decisiva della nostra storia – prosegue il cardinale – Quell’evento e’ anzitutto un invito alla conversione costante al Vangelo nel quale la Santa ha creduto e sperato”.
E ancora: “Con questo atteggiamento di fede ci affidiamo all’intercessione della nostra “Santuzza” perche’ dalla misericordia di Dio otteniamo la liberazione dalle nuove pesti che oggi ci affliggono e che tutti dobbiamo combattere, uniti e solidali, in modo che si affermino gli autentici valori umani che la sana ragione detta e la fede cristiana conferma e promuove: solo questi possono rendere piu’ serena la convivenza sociale, com’e’ nell’attesa di tutti. Questo significa far festa: non solo folklore, ma assunzione di impegni e di responsabilita’. Tutti, cittadini e istituzioni, siamo chiamati a un piu’ fattivo impegno civico, per far emergere di piu’ le tante luci della nostra Citta’ e per debellare piu’ decisamente le ombre che l’appannano e la umiliano”.
Queste sono le parole con cui il cardinale Salvatore De Giorgi iniziò il messaggio indirizzato, nel 2006, alla citta’ di Palermo.
Eccovi un sunto degli avvenimenti inerenti Santa Rosalia
Il culto di Santa Rosalia era già molto diffuso negli anni immediatamente successivi alla sua morte, ma il 15 luglio del 1624 quando, mentre a Palermo infuriava la peste, nel luogo indicato da una tal Girolama la Gattuta, malata di peste, furono ritrovate ossa umane. Proprio in quel punto S. Rosalia, apparsale in visione, le aveva assicurato che si sarebbero trovati i suoi resti mortali e che portati in processione per la città, la peste sarebbe cessata.
Nello stesso 1624, quaranta giorni dopo il ritrovamento delle ossa di santa Rosalia sul monte Pellegrino, fu ritrovata all’ingresso della grotta della Quisquina un’iscrizione in latino arcaico, attribuita alla stessa Santa Rosalia: “Io Rosalia, figlia di Sinibaldo, signore della Quisquina e del Monte delle Rose, ho deciso di abitare in questa grotta per amore di mio Signore Gesù Cristo”.
Fu istituita una commissione per stabilire se, tra le ossa ritrovate, vi potessero essere i resti mortali della Santa. Ma la decisione tardava a venire per i tanti dubbi degli esperti chiamati ad esprimere il giudizio.
Il Cardinale Giannettino Doria, informato della nuova visione, riunì una nuova Commissione che certificò l’autenticità di ossa, tra quelle ritrovate, riferite ad una giovane donna; queste il 7 giugno del 1625 furono portate in processione per le vie della città in una teca in argento e cristalli. Da quel giorno la peste regredì fino a scomparire del tutto il 15 luglio del 1625 ad un anno esatto dal rinvenimento delle reliquie. Il 15 agosto il Senato Palermitano proclamò S. Rosalia prima Protettrice di Palermo.
Il 26 gennaio del 1630 Papa Urbano VIII inserì nel Martirologio Romano il nome di S. Rosalia. Nel 1637 le reliquie di Santa Rosalia furono poste nell’urna a reliquiario, capolavoro dell’oreficeria del primo barocco palermitano.