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L'assoluta prevalenza delle opere di Verdi è dovuta alla ricorrenza del bicentenario della nascita del compositore parmigiano, cui l'Arena ha sempre dedicato ampio spazio; è un peccato non poter assistere alla messa in scena di Turandot, Carmen o altri titoli ricorrenti nel calendario dell'anfiteatro, ma la celebrazione val bene la scelta operata dalla Fondazione Arena.
Il Festival è strutturato come una ring-komposition: apertosi con la rivisitazione moderna di Aida, si chiuderà con la versione che ne riprende la messa in scena del 1913. L'inaugurazione della manifestazione è stata duramente criticata dal pubblico tradizionalista, poiché gli allestimenti de La Fura dels Baus, com'è noto, si distinguono per un impatto avanguardista, focalizzato sul movimento, sul ricorso alle tecnologie e alle architetture industriali. Personalmente, mi sono sempre dichiarata amante delle rappresentazioni tradizionali, in linea con il tempo di ambientazione delle vicende, ma non capisco i motivi della polemica: un fatto artistico è, per sua natura, qualcosa di dinamico e malleabile, che registi, scenografi, coreografi e attori hanno il diritto di adattare alle proprie esigenze. Il testo non è tutto, insomma e l'arte non è un materiale fisso. Si possono manifestare le proprie preferenze, ma la carica di insulti che si è levata contro l'organizzazione è incivile e contraria al significato stesso di cultura: se la messa in scena ha scontentato gl spettatori, probabilmente costoro avrebbero dovuto informarsi prima su ciò che avrebbero visto e sulla presenza in calendario della versione del 1913. Pensandoci bene, comunque, pur non amando gli allestimenti moderni, credo che l'allestimento de La Fura del Baus (che non ho visto, ma di cui mi sono fatta un'idea tramite la rete), possa aver riprodotto quell'effetto esagerato e spiazzante che si verificò durante la prima del 1871 a Il Cairo, quando vennero portati in scena addirittura gli elefanti!
Ormai avviato, il Festival ha già avuto la prima dell'altra opera cardine delle estati areniane (anche se meno rappresentata della Carmen di Bizet), Nabucco, e de La Traviata. Quest'anno ho deciso di assistere proprio alla rappresentazione di questo melodramma, che non vanta moltissime presenze nello storico dell'Arena.
Il Festival lirico dell'Arena è un'esperienza che gli estimatori della buona musica e del buon teatro non possono lasciarsi sfuggire, eppure non occorre essere melomani per apprezzare questo genere di spettacoli. Dimenticatevi, dunque, i cliché sugli attacchi di sonno e sulla noia provocati dalla lirica: ascoltare arie e recitativi (magari con qualche occhiata al libretto), godersi la musica dell'orchestra che suona dal vivo, seguire i movimenti degli artisti sul palco, ammirare i loro costumi sgargianti, perdersi nella struttura e nella disposizione di un coro è un'emozione intensa, che 'ntender no la può chi no la prova [2].
Certo, un grosso limite all'accessibilità è il prezzo elevato dei biglietti, che, però, devono sostenere uno staff monumentale e alti costi in termini di costumi e scenografie. Io ho fatto la scelta di seguire una sola opera a stagione, ma godendola dalle gradinate numerate, che, a mio parere, offrono la visione migliore.
Nell'ordine, sono stata nel pubblico di Aida (2008, regia di Franco Zeffirelli), Il barbiere di Siviglia (2009, regia di Hugo de Ana), Carmen (2010, regia di Franco Zeffirelli) e Turandot (2012, regia di Franco Zeffirelli) e non esito ad accordare la mia preferenza indiscussa all'opera di Puccini. E la vostra esperienza con l'opera (non necessariamente veronese), com'è?
C.M.
NOTE:
[1] Il dettaglio del calendario e degli allestimenti è visibile sul sito ufficiale della Fondazione Arena.
[2] Dante, Tanto gentile e tanto onesta pare (v. 11).
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