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Il feticcio del tasso di cambio

Creato il 30 settembre 2013 da Keynesblog @keynesblog

cambio

di Daniela Palma e Guido Iodice da “Left” del 28 settembre 2013

Pochi dubbi sussistono ormai sul fatto che la costruzione dell’euro sia insostenibile e che le divergenze economiche tra i Paesi del “centro” e della “periferia” dell’Unione monetaria siano un potente detonatore di una crisi che tende solo ad approfondirsi. Il peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni e l’assenza di spiragli che lascino intravedere una via d’uscita dalla crisi, a cinque anni dal suo inizio, hanno comprensibilmente creato un’avversione crescente verso la moneta unica.

L’uscita di un paese dall’euro viene auspicata in primo luogo per la possibilità di tornare ad un regime di cambio flessibile, che – si sostiene – consentirebbe un recupero di competitività e un robusto viatico per la crescita. Tale è la fiducia che in questo meccanismo viene ingenuamente riposta che l’euro ha finito per assumere le sembianze di un feticcio, in grado di condizionare magicamente (nel bene o nel male) le sorti economiche dei suoi membri.
Peccato che le cose stiano diversamente e che per accettare che il cambio flessibile rappresenti una reale panacea per bilance commerciali mal messe si debba sposare una visione del tutto irrealistica di “efficienza dei mercati”, direttamente riconducibile al credo liberista, nella quale i prezzi svolgono una precisa funzione equilibratrice. Il tasso di cambio, così prono all’influenza dei movimenti di capitali, non può essere considerato uno strumento di riequilibrio automatico tra importazioni ed esportazioni. Le fluttuazioni dei cambi hanno peraltro effetti incerti e asimmetrici sull’economia reale e lo stato delle aspettative delle imprese, la presenza di elevati costi fissi degli investimenti non recuperabili (sunk costs) e la struttura dei mercati sono fattori in grado di condizionare fortemente i conti con l’estero. Allo stato attuale pesa inoltre l’andamento stagnante della domanda interna nei paesi deboli dell’UE, che ha portato in largo attivo la bilancia commerciale europea verso il resto del mondo, nonostante un euro relativamente forte. D’altro canto un paese come l’India, in regime di cambio flessibile, è sull’orlo di una nuova crisi valutaria.
Come purtroppo dimostra l’esperienza dal 1971 ad oggi, lasciare che i mercati prezzino le valute non è un’idea migliore che fissare il cambio irrevocabilmente. Per fortuna esistono altre vie, come l’idea di un nuovo euro ispirato al Bancor di Keynes, della quale abbiamo parlato due numeri fa e sulla quale torneremo ancora.


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