Jimmy Picard è un veterano, ha fatto la seconda guerra mondiale, è un americano inviato a liberare il vecchio continente da cui rientra, però, con la testa rotta. Esatto, in seguito ad una caduta poco eroica, il nostro Jimmy – nonostante sia un omone – si frattura il cranio e da quell’incidente ne discendono anni di mal di testa insopportabili. Fitte improvvise che lo paralizzano, fanno svenire, accecano temporaneamente, rendendogli la vita sempre più difficoltosa. È per questo motivo che nel 1948 la sorella maggiore lo accompagna nel famoso ospedale militare per veterani di Topeka in Kansas, dove un team di stimati medici si prende cura di lui. Il problema sorge quando il quadro clinico non mostra anomalie: l’uomo è sano nonostante il dolore nella sua testa sia inspiegabilmente lancinante. L’assenza di apparente motivo induce i medici a propendere per una diagnosi di schizofrenia, malattia di cui si conosceva poco e le cui cure erano devastanti.
A salvare questo paziente sono le sue origini: è un nativo americano, oltre al fatto di essere un marcantonio taciturno e ben educato. Questo elemento fa arrivare a Topeka il signor Georges Devereux (Mathieu Amalric): studioso francese, antropologo fuori dai comuni schemi, psicologo e massimo esperto di tradizioni, storia, abitudini e, in generale, del mondo degli Indiani d’America. Con colloqui giornalieri, armati di molta pazienza, annotando ogni frase, e osservando i reciproci movimenti, i due uomini creano un legame di fiducia che arricchirà entrambi. Il paziente guarirà dalla sua ferita nell’anima e il medico otterrà il tanto agognato riconoscimento del suo lavoro.
Presentato in concorso all’ultimo Festival del cinema di Cannes, e diretto dal regista francese Arnaud Desplechin, il film drammatico che ripercorre la storia vera (!) del signor Picard (qui interpretato da Benicio del Toro) arriva infine nei nostri cinema e sulle piattaforme streaming (un click qui per l’elenco completo).
A dire il vero, all’epoca l’opera non aveva entusiasmato tutti i presenti, nonostante la bravura dei due interpreti principali fosse piuttosto evidente. Se, infatti, Del Toro e Amalric recitano sino all’ultima fibra dei loro volti, aver riportato in video gli incontri quotidiani tra Picard e Devereux ha contribuito alla creazione di una seduta psicoanalitica di due interminabili ore. Con lentezza scopriamo qualcosa del passato di entrambi e vediamo modificarsi il loro rapporto. Però qualcosa manca. Troppo poco quello che emerge del medico francese e minima è la passione con cui si scopre chi sia Jimmy P. L’evoluzione dei due è abbozzata con troppa delicatezza e eccessiva lentezza, così la suspense ne risente e il pathos svanisce. Rimane solo la sonnolenza che prende il sopravvento e non ti molla più.
Suggeriamo”Jimmy P.” a chi ama l’introspezione, i film che si addentrano nei meandri della mente umana, le storie vere narrate con uno stile e un cast non da sceneggiato televisivo. Consigliamo di usare le pinze se state cercando un’opera che vi tocchi, vi trascini nelle vite dei protagonisti, e che vi faccia pensare e discutere a proiezione conclusa.
Vissia Menza