Ieri si è concluso Pordenonelegge, il festival del libro con gli autori giunto alla sua quattordicesima edizione. Nei cinque giorni che hanno dato vita a incontri, spettacoli e presentazioni in anteprima nazionale, la sezione “cinema e letteratura” ha portato nella città friulana tre registi importanti. Giovedì Daniele Vicari, reduce dal successo di Diaz e de La nave dolce, il documentario sulla Vlora, nave mercantile che trasportò fino a Bari migliaia di persone in cerca di libertà, ha discusso sulle possibilità (minime ma visibili) che l’Italia offre ai giovani che sognano di entrare nel mondo del cinema; inoltre sono stati premiati i giovani partecipanti del concorso “Scrivere di Cinema” organizzato dal sito Mymovies, con lo scopo di avvicinare gli adolescenti e adulti nel mondo della settima arte.
Pupi Avati e Giuseppe Tornatore sono stati i registi che nella giornata di sabato hanno proiettato la loro vita svelando non solo i particolari del loro mestiere, ma anche i retroscena più nascosti della loro carriera. Il primo, che in questi giorni sta girando il film Un ragazzo d’oro con l’attrice americana Sharon Stone, ha raccontato la sua vita attraverso La grande invenzione, autobiografia che narra tutte le tappe che lo hanno portato ad essere un cineasta di grande successo, partendo dall’infanzia (descrivendo il proprio rapporto con i genitori e i diversi racconti che gli sono rimasti impressi nella mente), proseguendo verso la sua carriera musicale (raccontando al pubblico il suo rapporto con il clarinetto e con Lucio Dalla, il quale determinò la sua rinuncia alla musica), e infine la sua illuminazione verso il cinema, dopo aver visto il film di Fellini 8 ½. Il tutto con quel sarcasmo emiliano che ti coinvolge. Da lì in poi, la sua carriera è stata ricca di successi e soddisfazioni, vincendo tre David di Donatello e ottenendo nel 2005 la Medaglia d’oro ai Benemeriti della cultura e dell’arte.
Giuseppe Tornatore torna trionfante dal recente successo de La Migliore Offerta, che ha portato al regista siciliano ben sei David di Donatello e sei Nastri d’Argento, battendo avversari come Sorrentino, Garrone, Bellocchio, Salvatores e Vicari con pellicole altrettanto interessanti. Essendo un festival della letteratura, nell’incontro La grande menzogna,
Tornatore ha presentato l’adattamento letterario del suo ultimo lungometraggio, raccontando il suo rapporto con i libri che ha trasformato in sceneggiature di successo e le difficoltà che si è trovato ad affrontare (ad esempio la complessità nel trasformare in un racconto il monologo Novecento di Alessandro Baricco che diventerà La leggenda del pianista sull’oceano, o la richiesta di revisionare a Pasqual Quignard la sceneggiatura di Una pura formalità). Intervistato da Emiliano Morreale, scrittore e critico cinematografico, il regista ha poi trattato dell’incontro e del legame con Leonardo Sciascia, e di come il passaggio dalla parola al fotogramma provochi molteplici tradimenti, dalla stesura del copione alla fase della post-produzione. Per questa ragione “il film non sarà mai come il libro”, non solo per via delle modifiche, ma anche per l’interpretazione che il lettore già esegue durante la lettura, producendosi già un film nella mente che sarà necessariamente diverso dalla pellicola. Nonostante ciò letteratura e cinema saranno sempre collegate tra loro (nel bene o nel male, a seconda di come la si voglia leggere). È grazie al libro che il cinema si è potuto sviluppare: se non c’è una narrazione, difficilmente il film sarà stabile. Tuttavia anche il film ha da insegnare qualcosa: grazie all’invenzione del cinematografo, il sogno diventa reale, il sogno comincia a prendere forma, trasformando le pagine di un libro in qualcosa di tangibile. E non è cosa da poco.Per vedere le foto dell’incontro con Pupi Avati, clicca qui
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