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Il filosofo Iain T. Benson: «l’ateismo è una forma di credenza dogmatica»

Creato il 29 maggio 2012 da Uccronline

Il filosofo Iain T. Benson: «l’ateismo è una forma di credenza dogmatica»Secondo molti pensatori, l’ateismo di fatto non può esistere. Innanzitutto senza Dio l’uomo non può che piegare le ginocchia di fronte ad altri idoli, come efficacemente detto da Karl Barth: «quando il cielo si svuota di Dio, la terra si riempie di idoli», e da G.K. Chesterton: «Gli atei non sono quelli che non credono in niente, ma quelli che credono in tutto». Un approfondimento su questo motivo per cui il vero ateo è una persona estremamente rara si può trovare in questo articolo, in cui si riprende una riflessione del filosofo Samek Lodovici e in questo scritto di Francesco Agnoli.

Inoltre occorre sottolineare che anche l’ateismo è un atto di fede, come correttamente ha fatto notare il filosofo e logico rumeno Henri Wald: «Anche io sono credente. Credo che Dio non esiste» o anche il poeta Valeriu Butulescu: «Gli atei non credono a nulla. Ma io sono credente. Io credo al nulla». Di tutto questo ha recentemente parlato Iain T. Benson, filosofo del diritto a livello internazionale, membro della “Law Society of Upper Canada” e dell’“International Association of Constitutional Law”, ex consigliere del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan e del governatore generale del Canada, Adrienne Clarkson ed esperto nello studio critico dei termini come “pluralismo”, “fede”, “credente”, “non credente”, “liberalismo”, la cui comprensione del termine “laicità”, ad esempio, è stata citata dalla Corte Suprema del Canada e dalla Corte Costituzionale del Sud Africa.

Durante un recente simposio presso l’“Ambrose Centre for Religious Liberty” in Australia, ha spiegato che contrariamente all’opinione popolare, non esiste un qualcosa come un “non credente” e ha poi tentato di correggere l’uso improprio della parola “laico”: «Gli atei, gli agnostici e i religiosi di tutte le forme, sono credenti e tutti hanno la fede. La questione non è se sono credenti, ma piuttosto, ciò in cui credono», ha detto. «I “nuovi atei”», come Christopher Hitchens e Richard Dawkins, «si vantano di “non avere convinzioni”, ma sbagliano. Essi sono uomini e donne di fede, la loro fede è diversa, ma è fede e le loro credenze sono vere convinzioni. Non importa quanto Dawkins e quelli come lui vorrebbero che fossero diverse, gli esseri umani sono “bloccati” come esseri credenti». Il dibattito tra credenti e non credenti, infatti, non è tra coloro che hanno fede e che non ce l’hanno, «ma piuttosto un insieme di lotte pubbliche per il riconoscimento tra sistemi di credenze concorrenti».

C’è un vero e proprio gusto a tirare fuori continuamente i dogmi religiosi, ma -ha spiegato Benson-, «i dogmi degli atei forse sono molto diversi dai dogmi religiosi, ma non significa che siano meno dogmatici. Le loro convinzioni, infatti, emergono dai primi principi della loro fede». Oltretutto essi intendono affermare che le loro credenze debbano essere le uniche ad avere un riconoscimento pubblico, deridendo e costringendo gli altri credenti a forme private di fede. Inoltre, ha continuato, «abbiamo bisogno di recuperare il vero significato della parola “laicità”», sottolineando che oggi viene fatta passare come “non-religiosità” quando invece il suo vero significato deriva dal latino “saeculum”, cioè “mondo”: «Secolare è un termine usato storicamente per distinguere tra le cose che sono state ritenute ‘del mondo’ e quelle che erano espressamente e tecnicamente come ‘religiose’», ha spiegato, con la distinzione tra i credenti che avevano preso i voti religiosi e quelli che non lo avevano fatto. Come ha ribadito la Corte Suprema del Canada, la sfera secolare non deve essere interpretata come esclusione della religione, ma deve dare spazio alle coscienze animate da convinzioni religiose, nonché quelle che non lo sono.

Spesso si intende la “laicità” come la “separazione tra Stato e Chiesa”, cioè una presunta completa neutralità da parte del governo in campo religioso, ma «la separazione tra Chiesa e Stato si riferisce alla competenza giurisdizionale e non dice nulla circa la separazione della religione dalla cultura, è importante che la separazione tra Chiesa e Stato non vada confusa con la separazione della religione e della cultura».


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