La Chiesa cattolica esige «il rispetto dell’integrità della creazione». Gli animali «sono creature di Dio», e «anche gli uomini devono essere benevoli verso di loro». È contrario alla dignità umana «far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita». Tuttavia la natura «è destinata al bene comune dell’umanità passata, presente e futura», «è dunque legittimo servirsi degli animali per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti», è «indegno dell’uomo spendere per gli animali somme che andrebbero destinate, prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini», e sopratutto «si possono amare gli animali; ma non si devono far oggetto di quell’affetto che è dovuto soltanto alle persone». Questa visione sensata e razionale non è tuttavia scontata in chi è lontano dalla chiesa. Anzi, esiste un legame molto stretto tra neodarwinismo, ecologismo, ambientalismo radicale, ed eugenetica.
Colui che tiene il filo rosso di tutto si chiama Ernst Haeckel, biologo, zoologo e filosofo tedesco di inizio ’900, considerato tra i più famosi darwinisti dell’Europa continentale. Egli fu il diretto ispiratore della teoria sulla superiorità della razza ariana propagandata dal nazismo, lui stesso era dichiaratamente razzista in quanto riteneva che i neri fossero «incapaci di una vera cultura interiore e di uno sviluppo mentale superiore». Proprio lui, guarda caso, fu l’inventore del termine “ecologia”, e sempre casualmente fu un forte promotore dell’eutanasia e dell’eugentica umana sul modello spartano (uccisione di deboli e storpi). Feroce nemico del cristianesimo, non poté che considerare l’uomo alla stregua di un animale sociale. Scrisse ad esempio: «L’uomo non si distingue dagli animali per uno speciale tipo di anima, o da qualche particolare ed esclusiva funzione psichica, ma solo da un elevato grado di attività psichica, uno stadio superiore di sviluppo» E ancora: «Come la nostra madre terra è un granello nell’universo sconfinato, così l’uomo stesso non è che un piccolo granello di protoplasma nel quadro deperibile di natura organica. Questo indica chiaramente il vero posto dell’uomo nella natura, e dissipa l’illusione diffusa di una suprema importanza dell’uomo e l’arroganza con cui lui si contraddistingue nell’universo sconfinato ed esalta la sua posizione come elemento più prezioso» (E. Haeckel, “The Riddle of the Universe”, Harper 1900).
Da Haeckel nacquero così tutti quei movimenti “eco-isterici” (come sottolineato continuamente da questo interessante e aggiornato sito web), ancora oggi molto presenti e attivi in ogni Paese. Essi non raramente considerano l’uomo un “cancro per il pianeta” e non solo lo equiparano all’animale, ma lo considerano addirittura inferiore ad esso. L’ecologismo in questi termini è una vera e propria religione ”verde”, di cui il fondatore del WWF, Filippo duca di Edimburgo, fu noto adepto. E’ famoso per questa frase: «Se rinascessi, vorrei essere un virus letale per contribuire a risolvere il problema dell’eccesso di popolazione. Il maggiore dramma del mondo è che ci sono più culle che casse da morto». Invece, il fondatore e presidente onorario del WWW Italia, Fulco Pratesi, si definisce «un verde credente e praticante, nonché leggermente fanatico» (in questo articolo un approfondimento sulla sua persona e la scarsa considerazione dell’uomo). L’equiparazione uomo-animale è anche uno dei cavalli di battaglia del neodarwinismo ateo (ridurre l’uomo per negarne lo status di creatura), e infatti il Progetto Grandi Scimmie Antropomorfe -ovvero il tentativo di estendere a tutti i primati antropomorfi i diritti dell’uomo-, è sostenuto fortemente dai “New Atheist”: Peter Singer (già promotore dell’infanticidio) e Richard Dawkins all’estero, Umberto Veronesi e Margherita Hack in Italia. L’ex premier spagnolo, Luis Zapatero, ha esteso nel 2008 i diritti umani anche agli scimpanzé. Ecco quindi l’intreccio esplosivo tra tutte queste varie ideologie anti-cristiane.
Accogliamo per questo con interesse una intervista, apparsa (incredibilmente) su “Repubblica”, al filosofo Fernando Savater, docente presso l’Università di Madrid e uno dei più noti intellettuali spagnoli. E’ l’autore del recente libro, “Tauroetica“ (Laterza 2012), «un saggio sul rapporto fra uomini e animali», spiega. Il problema oggi è che «si stenta a vedere in cosa essi siano diversi dagli uomini. Ciò ha portato a una sorta di antropomorfizzazione degli animali. Una tendenza che spinge ad accreditare le forme più estreme di animalismo, come l’antispecismo di Peter Singer, ossia l’idea che tra le specie animali non ci siano distinzioni di sorta. Non distinguere gli uomini dagli altri esseri viventi è nefasto. Perché la morale riguarda solo gli esseri umani». Continua quindi con una riflessione molto politicamente scorretta: «Purtroppo però ormai si tende a scambiare la morale con la compassione. Ora, la compassione è un sentimento buono, per carità, e tuttavia non è la morale. Mettiamo che passeggiando trovo un passerotto caduto dal nido. So che è in pericolo e poiché sono persona compassionevole, lo raccolgo e lo metto in salvo. Questo è molto bello. Ma è ben diverso dal caso in cui io mi imbattessi in un neonato abbandonato per strada. Lì non si tratta di compassione. Io ho il dovere morale di occuparmene. Questa differenza non la intendono gli antispecisti. Singer è arrivato a dire che se mi trovo di fronte un bambino con tare mentali o fisiche irreversibili e un vitello in perfetto stato devo scegliere il vitello e sopprimere in culla il bambino senza farlo soffrire».
Gli animalisti isterici ritengono che sia l’interesse ad unire gli esseri viventi, ma «l‘interesse è la possibilità di optare per diverse condotte anziché una sola. Gli animali sono mossi dall’istinto, laddove io, essere umano, nonostante abbia un istinto, posso anteporre un interesse diverso. Quando non si può che seguire una sola condotta, chiamarlo interesse mi pare completamente assurdo. Non è che la solita proiezione antropomorfizzante. La dimensione in cui ha senso parlare di interessi è una dimensione di libertà dalle necessità della natura, il libero arbitrio insomma». Gli antispecisti lo negano, poi però vanno a «chiedere agli uomini di optare per soluzioni diverse rispetto a quelle che magari preferiscono, come mangiare carni, usare pelle animale per le scarpe e così via. Con il risultato paradossale che gli uomini dovrebbero rifiutarsi di uccidere la tigre ma certo la tigre non potrebbe che continuare a fare quello che fa secondo l’istinto, ossia anche divorare l’ uomo. L’uomo sarebbe dunque l’unico tra gli animali a rispettare la nuova legge. Dimostrando quindi che qualche differenza tra lui e le altre specie in fondo c’è». Nei promotori dei “diritti agli animali” predomina «il sentimentalismo e in cui l’umanitarismo sta sostituendo l’umanismo. Chi è umanitario si preoccupa del benessere degli altri ma non della loro umanità, che risiede in aspirazioni, desideri e così via. Io con un cane posso essere umanitario ma non umanista», e infatti oggi purtroppo «è assai più semplice avere una relazione con un animale domestico piuttosto che con un essere umano». Se questo animalismo diventasse dominante, paradossalmente, «si realizzerebbe la forma perfetta di protezione degli animali: l’estinzione». Conclude infine così Savater: «I veri barbari sono coloro che non distinguono uomini e animali. Caligola che fece senatore un cavallo e uccise centinaia di persone che non apprezzava. Quello era un barbaro. Perché trattava gli uomini come gli animali e gli animali come gli uomini».