di Beniamino Franceschini
da IL CAFFE’ GEOPOLITICO, 19 gennaio 2013
La guerra in Mali prosegue ormai da una settimana e la coalizione contro gli islamisti comincia a prendere una forma sempre più definita. Nel contempo, però, in Algeria si è verificato il grave episodio dell’assalto all’impianto estrattivo di In Amenas: con 5 domande e 5 risposte, vi proponiamo la situazione del conflitto, il ruolo dell’Italia e le implicazioni nel breve periodo.
Quali sono attualmente le forze in campo in Mali?
L’Opération Serval conta circa 1.400 soldati francesi e tra i 15 e i 20 velivoli, ma il progetto francese prevede la mobilitazione di 2.500 militari. A queste forze deve essere aggiunta una decina di aerei da trasporto forniti da Belgio, Canada, Danimarca, Germania, Regno Unito e Spagna. L’ECOWAS invierà complessivamente circa 3.500 uomini: in Mali sono già arrivate alcune truppe da Niger, Nigeria, Senegal e Togo. Il contingente straniero è affiancato dalle Forze Armate del Mali, riguardo alle quali, però, non ci sono dati precisi. Allo stesso modo, non è possibile definire quanti siano i combattenti del fronte opposto: secondo le stime, comunque, il numero degli islamisti è senz’altro superiore a 1.000. In merito è necessario tener presente che il reclutamento dei jihadisti sia continuo in tutta l’Africa settentrionale.
Come sta procedendo la guerra?
Contrariamente a quanto era emerso anche dalla voce del presidente maliano, Dioncounda Touré, la città di Konna non è stata riconquistata, ma la battaglia continua con intensità, nonostante i rinforzi francesi abbiano condotto all’arresto dell’avanzata islamista verso sud. Il 13 gennaio l’aeronautica transalpina ha concentrato la propria azione sulla città di Gao, distruggendo alcune postazioni delle forze nemiche, mentre tre giorni dopo l’esercito ha lanciato la prima offensiva via terra nell’Azawad. Le frontiere con Niger, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea e Senegal sono relativamente sicure, al contrario di quelle con Mauritania e Algeria. Quanto al bilancio umano, la Francia ha perso un pilota e un elicottero. Gli islamisti, invece, contano tra i 100 e i 150 caduti. Purtroppo, ai combattenti morti devono essere aggiunti almeno 10 civili uccisi.
Quali sono le prospettive nel breve periodo?
Il contesto sta mostrando che verosimilmente il breve periodo non sarà la cornice temporale di questo intervento. L’area formalmente contesa è estesa per 800mila chilometri quadrati, tutti in pieno deserto. Non bisogna però dimenticare che il raggio d’azione degli islamisti è molto più ampio: gruppi jihadisti sono attivi in tutto il Sahel e la permeabilità delle frontiere con la Mauritania e l’Algeria estende potenzialmente la missione internazionale. In questo senso la sicurezza dei confini è una delle assolute priorità, poiché il rischio è che si verifichi quanto accaduto in Afghanistan con l’arrivo di miliziani dal resto del mondo. Oltretutto, i combattenti sono ben armati e possono contare sul flusso pressoché ininterrotto di equipaggiamenti provenienti dagli arsenali libici. La conformazione geomorfologica della regione contesa, infine, garantisce costanti vie di fuga e rifugi sicuri per gli islamisti, cosicché si prospetta un conflitto molto duro, con la capacità di estendersi rapidamente ai Paesi circostanti, divenendo una nuova Grande Guerra africana. Tutto ciò considerando che non si è in grado di escludere la minaccia terroristica in Europa.
Quale sarà il ruolo dell’Italia?
Sulla base di quanto affermato dal ministro Terzi, l’Italia «non ha previsto al momento alcun dispiegamento di forze militari nel contesto operativo», pur non escludendo la possibilità di un supporto logistico alla Francia. Sicuramente il nostro Paese invierà 24 uomini nell’àmbito della missione europea di addestramento delle forze del Mali, provvedimento già approvato dal Parlamento.
Come interpretare quanto accaduto nell’impianto estrattivo di In Amenas, in Algeria?
L’assalto di un gruppo islamista a un impianto estrattivo di gas in Algeria, non ancora conclusosi nonostante il blitz delle forze speciali che ha provocato la morte di almeno 42 persone tra ostaggi e sequestratori, probabilmente era già stato pianificato prima dell’attacco francese in Mali. Tuttavia, è necessario non sottovalutare l’avvenimento, poiché il messaggio che ne deriva è duplice. In primo luogo l’azione pone in risalto la vulnerabilità del sistema di sicurezza in Algeria, quindi – ed ecco il secondo punto – essa mira a colpire un settore strategico per gli attori impegnati in Mali, ossia l’approvvigionamento energetico, mostrando la potenziale capacità degli islamisti diledere in profondità gli interessi europei.
Beniamino Franceschini
La versione originale dell’articolo può essere letta qui: Il Fronte del Mali.