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Bombardiamo Tripoli perché non possiamo proprio farne a meno, ce lo chiede la Nato e ci tocca come prezzo da pagare perché i profughi non rimangano solo fatti nostri, e i nostri interessi in Libia non subiscano troppi danni, quando gli insorti dovessero spuntarla. E però siamo italiani, non possiamo essere lineari neanche nel tornare indietro sui nostri passi, tradendo un patto, sputando sulla mano che avevamo baciato, ed ecco che ora abbiamo trattative diplomatiche in corso con Gheddafi. Quasi certamente mediate dalla Santa Sede, che ci piace usare non meno di quanto ci piaccia esserne usati.E tutto questo lo dichiariamo ufficialmente? Macché, siamo italiani: lo facciamo uscir di bocca, quasi per caso, da un sottosegretario con la forfora in un talk show televisivo del mattino. E con un velo di vanto, come se tutta questa ambiguità fosse eccelsa arte di governo, sofisticato prodotto della nostra superiore intelligenza politica, figlia di antica tradizione che onora il doppio gioco e non disdegna mai di tentarne un terzo.
Ci portasse frutti, almeno. Non ce ne porta mai. Sleali, inaffidabili, sempre pronti allo scrocco, incapaci di intrattenere relazioni internazionali a un livello superiore a quello degli accordi di interscambio: il familismo amorale è la cifra del nostro carattere nazionale, e in politica estera diventa la macchietta del furbo vigliacco.Così fan tutti? Con altro stile. Anche Germania, Francia e Inghilterra difendono i propri interessi, non essendo ancora chiaro se ve ne sia uno europeo, ma le regole sono accettate e condivise: c’è l’interesse nazionale, l’interesse di coalizione, c’è una risoluzione dell’Onu e i diversi modi di leggerla, ci sono pure i colpi bassi e gli sgarbi, ma ciascuno e tutti si decide, e almeno si evita – ciò che l’Italia non sta evitando, anzi – di sparare sull’esercito di Gheddafi, per difendere gli insorti sui quali l’esercito di Gheddafi sparava, intanto trattando con Gheddafi, sicché se prima ce ne fregavamo dei morti anti Gheddafi adesso ce ne fottiamo pure di quelli pro Gheddafi. Poi tra mezzo secolo chiediamo scusa e stringiamo un accordo con tanto di risarcimento.
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