Kiev, EuroMaidan (Photolure)
In Ucraina, da giorni, decine di migliaia di persone sono in piazza per protestare contro la decisione del governo e del presidente Viktor Yanukovic di non firmare l'accordo di libero scambio con l'Unione Europea e per opporsi alla sostanziale battuta d'arresto del processo di integrazione deciso dall'attuale governo e dall'attuale presidente. E fa impressione vedere come, al di fuori dell'Unione Europea, ci siano persone disposte a scontrarsi con la polizia e a rischiare la repressione per esprimere la loro volontà di integrazione europea, proprio mentre in Italia, per esempio, c'è chi sostiene l'esatto contrario e straparla di impossibili referendum sull'Euro, e nella stessa Unione prendano piede forze politiche dichiaratamente anti-europeiste, che vorrebbero la fine o il drastico ridimensionamento dei poteri di Bruxelles. Forze che vedremo rappresentate, in maniera non irrilevante, con tutta probabilità nel prossimo Parlamento europeo che eleggeremo a maggio del 2014.Guardando quelle piazze di Kiev dove sventola la bandiera blu stellata ho l'impressione che, al di fuori dei ristretti circoli degli esperti e degli analisti di politica internazionale, qui in Italia non molti riescano ad andare al di là della cronaca cercando di capire la portata degli avvenimenti in atto. Forse per la prima volta l'Unione Europea non ha più quella capacità di attrazione che ha avuto in tutti questi anni. Dopo i grandi entusiasmi del 2004, il processo di allargamento ha subito un evidente raffreddamento, ha patito uno “stress” come si dice. Forse per la prima volta, però, il rallentamento non viene da Bruxelles, non sono i Paesi che già fanno parte dell'Unione a tirare il freno, ma sono i Paesi all'esterno, quelli “in lista di attesa” che sembrano cominciare a perdere fiducia nell'UE e a guardare da un'altra parte. Della Turchia già sappiamo e molto si è detto in questi anni, ma quanto sta avvenendo in Ucraina dovrebbe far riflettere.
E' chiaro che c'è altro dietro le bandiere blu stellate sventolate in piazza e che sotto il marchio “Euro Maidan” c'è un movimento assai composito. C'è molto altro anche nelle decisioni del governo di Kiev. La Russia può offrire molto in termini di sbocchi di mercato per i prodotti dell'Ucraina e in contropartite energetiche. Inoltre, il processo di integrazione nell'UE obbligando l'Ucraina a rivedere profondamente il proprio quadro legislativo in questioni delicate come stato di diritto, sistema penale, lotta alla corruzione e indipendenza dei media, finirebbe inevitabilmente per incidere sugli assetti di potere e destabilizzerebbe equilibri consolidati. Ma soprattutto, la Russia di oggi non è quella debole degli anni '90 e dei primi anni Duemila, mentre l'Unione Europea in crisi, invece di essere quel grande progetto politico di unione dei popoli europei costruito dopo la seconda guerra mondiale e preconizzato dal manifesto di Ventotene, rischia di apparire sempre più un club esclusivo le cui regole sono imposte dai soci più ricchi (cioè dalla Germania).
La crisi dell'Unione Europea è certamente crisi economica, ma forse ancora di più crisi di progetto politico e di prospettiva storica. Se così è, quel “soft power” che è stato il cemento della costruzione europea e che ha costituito un fortissimo fattore di attrazione per i Paesi dell'est dopo la caduta del muro Berlino, rischia di essere bruciato in un forno alimentato dal gas e dal petrolio russi. In Ungheria, nel 1956, la rivolta del popolo contro la dittatura del comunismo sovietico, finì per essere abbandonata a sé stessa a causa della crisi di Suez (c'erano di mezzo il petrolio e la ridefinizione degli equilibri internazionali dopo la seconda guerra mondiale). Sarebbe triste che il movimento sceso in piazza in questi giorni in Ucraina, al di là delle parole roboanti venute da Bruxelles, fosse lasciato per ragioni analoghe (pur con tutte le differenze del caso). Lasciamo agli esperti di politica internazionale e a coloro che conoscono molto bene questo scacchiere, analizzare in profondo quanto sta avvenendo a Kiev. Ci resta l'impressione che, molto più di quanto appaia oggi, l'Ucraina sarà un banco di prova del futuro dell'Unione Europea. [RS]