Non credo alle coincidenze. O meglio, credo che le coincidenze servano ad aprirci gli occhi, indicarci una via verso qualcosa che inconsapevolmente stiamo cercando o siano un’indizio rispetto a domande che ci siamo posti in altri momenti e situazioni. Capita anche a voi? Spesso mi interrogo, leggendo notizie varie, su cosa sia “giusto” o “sbagliato”, sulle implicazioni psicologiche nella persona che commette un reato . Forse per questo mi sono trovata a leggere nel giro di due settimane libri che riguardano la vita dentro il carcere: uno di narrativa e uno di saggistica.
Il primo di cui vi voglio parlare è “Il futuro sarà di tutta l’umanità. Voci dal carcere” di Antonella Speciale ed Emanuele Verrocchi pubblicato da Dissensi Edizioni (l’altro libro, di cui vi parlerò nei prossimi giorni, è “In questo luogo incantato” di Rene Denfeld/Frassinelli).
Ho avuto il piacere di conoscere Antonella Speciale (sotto trovate l’intervista in formato audio) che, grazie al libro prima e alle sue parole poi, mi ha fatto entrare in una realtà tanto lontana quanto sconosciuta: il carcere minorile.
Entrarci, anche se virtualmente, non è semplice, nè bello, anzi è decisamente doloroso. Serve solo un lasciapassare, uno importante che ognuno di noi dovrebbe portare con sé non solo per entrare in quell’edificio spaventoso, ma per vivere la propria vita ogni giorno: la sospensione del giudizio.
Antonella è volontaria in carcere dove, da diversi anni, organizza laboratori di scrittura perché spesso il problema è anche comunicativo oltre che sociale. Entrare in quel posto è alienazione, è scomparsa dell’Io. Ecco quello che scrive un ragazzo detenuto:
Cella n.2; davanti allo specchio
I giorni qui sono tutti uguali… l’unica cosa che può cambiare sono le emozioni delle piccole cose, come parole, sguardi e sorrisi che riescono a trasformare un giorno qualunque in un momento indimenticabile. Tante cose non possono cambiare le ventiquattro ore, ma possono renderle migliori: sono solo dei calorosi lampi di luce, tra le fredde tenebre dei sentimenti.
Il tempo scorre, implacabile, ed io sono qui, non so quanto mi resta e mi sento, ormai, parte di tutto l’edificio. Osservo tutto e tutti, scruto ogni movimento, ogni gesto, ogni passo, e, lentamente, mi sento morire, ingoiato da tutto ciò che mi circonda.
Senza rendermene conto, sto scomparendo.
Come si può restare indifferenti a queste parole? Poche righe che hanno la forza di un tornado, ti colpiscono al cuore e te lo stritolano inesorabilmente. Chi scrive potrebbe essere il nostro fratellino, nostro figlio, un giovane amico/amica, potrebbe essere il nostro compagno di scuola o la ragazza con la quale seguiamo il corso di balli sudamericani. Una persona. La sensazione leggendo è quella di smarrimento, paura, asfissia. Il carcere non è un luogo mitico dove oltre le sbarre c’è un baratro, il nulla, l’inferno. Chi è rinchiuso deve poter continuare ad essere sé stesso, capire gli errori commessi, migliorarsi e non annullarsi e scomparire.
Pensiamolo calato in una realtà minorile, ragazzi nel pieno della loro vita rinchiusi e compressi. Certo, non possiamo dimenticarci che hanno commesso dei reati ma non possiamo allo stesso tempo marchiarli a fuoco per l’eternità come irrecuperabili.
E se quei ragazzi fossero lì perché non avevano alternative? Perché schiacciati da un mondo più duro di loro, chiusi in una società che non gli consente di scegliere altro nella vita?
Questi giovani, come dice Speciale nel libro, spesso si adattano, diventano partecipi dello squallore che li circonda e alcuni di loro non riescono nemmeno ad immaginare una vita diversa da quella.
Tutte giustificazioni di atti illeciti? Assolutamente no, però è bene che ognuno di noi comprenda quanto è semplice cadere in errore (a quanti è capitato di sbagliare, anche nelle piccole cose, magari in buona fede?) e che la vita è fatta anche per rimediare e imparare dai propri sbagli. E’ per questo che la soluzione del problema comporta la sospensione del giudizio.
“Ponendomi nella sospensione totale del giudizio, attitudine per me spontanea, e purtroppo non sempre condivisa specialmente nei confronti dei “pre-giudicati”, ho avuto l’opportunità di conoscere, di capire dall’interno ciò che avviene dentro gli Istituti di pena verso i detenuti da parte delle Istituzioni e tra di loro.
Ho conosciuto l’innocenza condannata, anche a pene molto lunghe, e ho imparato che solo un grande cuore può assolvere ciò che gli è stato inflitto e continuare a vivere tra il pregiudizio della gente: gente che invece, molte volte, si ostina a non perdonare chi ne avrebbe bisogno poiché colpevole, ma cambiato rispetto a ciò che era.“
Perché la realtà non è tutta uguale e, se non la conosciamo nel profondo, non possiamo limitarci a giudicare dai titoloni sui giornali o dai servizi shock dei TG.
“Un carcere minorile, in Sicilia, è una sorta di drammatica Università, un passaggio obbligato per molti ragazzi di quartiere.“
Capite in che situazione si trovano alcuni ragazzi? Forse abbiamo la fortuna di abitare in luoghi e città dove i giovani non si trovano ad avere questa società attorno ma non possiamo semplicemente gioire per noi e puntare il dito contro di loro. E’ chiaro, no?
Bene, questa è la vostra (e la mia) occasione di fare un viaggio incredibile, doloroso e meraviglioso, in una realtà drammatica ma vera, affrontata lucidamente da una persona che ha deciso di spendere il proprio tempo dando voce a chi non ce l’ha, portandola fuori dalle mura del carcere per conto loro, perché da lì non possono uscire. Una grande responsabilità e una testimonianza importantissima che ci può fornire buona parte degli strumenti necessari a crearci una nostra opinione in merito.
Un libro che andrebbe letto da tutti ed è questo che vi consiglio.
CONTENUTO
In questo viaggio ogni lettore potrà cogliere spunti per riflettere su ciò che è il carcere.
Il carcere è fatto di mura, ferro, sbarre, sporcizia, violenza. Dunque Io non so se le leggi sono giuste / o se le leggi sono ingiuste; so che sono emanate da un potere, so come è fatto un carcere e mi sembra assurdo che vi vivano dentro degli innocenti, vi crescano dei ragazzi o giovani adulti, vi seppelliscano vivi fino alla morte biologica persone cambiate, e persino per i veri colpevoli, trovo ingiusto questo dispositivo degenerante per la persona e cercherei di impiegare i fondi per costruire strutture alternative da organizzare responsabilmente, con personale di tutt’altra formazione e mentalità.
La persona che si è macchiata di uno o più reati va aiutata per essere restituita migliore, non peggiore, ed è argomento di tutti, è figlia di tutto il nostro Paese. Nel rispetto delle vittime, che vanno in primis e sempre tutelate.
Credo fermamente che l’errore, il male, attraverso il male non possa essere curato: questo è un assurdo, che rincara la dose, e sono convinta che solo il perdono possa redimerlo.
Dunque che la compassione, anzi, che la pietà non vi sia di vergogna.
Titolo: Il futuro sarà di tutta l’umanità. Voci dal carcere
Autore: Antonella Speciale ed Emanuele Verrocchi
Editore: Dissensi
Pagine: 120
Prezzo: 10,90
Data di uscita:
Come anticipato, ecco l’intervista ad Antonella Speciale per il suo libro “Il futuro sarà di tutta l’umanità”:
https://dl.dropboxusercontent.com/u/68383787/Intervista%20ad%20Antonella%20Speciale.mp3
Antonella Speciale vive ad Acireale, in Sicilia, e si occupa di laboratori di scrittura autobiografica e creativa presso gli istituti penali per minori e adulti. Ha pubblicato articoli sulla questione carceraria, poesia, critica letteraria e narrativa: Destini Dentro, Sensibili alle foglie, 2013, Il sud dell’anima, Prova d’Autore, 2011.
Emanuele Verrocchi vive a Sulmona, in Abruzzo; sindacalista della CGIL, da novembre 2012 è Segretario Generale della FILLEA CGIL della Provincia di L’Aquila, la categoria degli edili. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche, si occupa, per il sindacato, anche di immigrazione e di politiche per la legalità.
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