Il Gattopardismo renziano

Creato il 16 febbraio 2014 da Margheritapugliese

Nel 1958 venne pubblicato, postumo, il celebre romanzo “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa che narra la vicenda di una famiglia aristocratica siciliana in decadenza all’arrivo di Garibaldi e dell’unione dell’Italia, nel periodo 1860-1910.
Attraverso il protagonista, il principe di Salina, l’autore vuole spiegare il presunto miglioramento apportato dai Savoia,che appare come un ennesimo mutamento senza contenuti.  ”Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente” è la morale del romanzo dello scrittore isolano.
Questo “ideale” è stato protagonista della vita repubblicana del nostro Paese, dalle guerre fratricide all’interno della Democrazia Cristiana, con personaggi come Moro e Fanfani, fino alle più recenti come quella tra Prodi e D’Alema e tra Letta e Renzi.
La prassi della lotta intestina al partito governativo vuole “consultazioni istituzionali avvolte nel mistero, direzioni del partito convocate per staccare la spina al governo presieduto da un esponente dello stesso partito, trattative segrete, proposte di scambio, la poltrona degli Esteri offerta come premio di consolazione al premier uscente , nessun passaggio elettorale e neppure nelle aule della Camera e del Senato” come spiega Marco Damilano nel suo articolo uscito nell’ultimo libro de “L’Espresso”.

La scelta di Renzi di accelerare per arrivare a Palazzo Chigi non desta molta perplessità nel mondo giornalistico, poichè ne descrivono quotidianamente le qualità  quali quella di impazienza, bramosia e frenesia di arrivare a Palazzo Chigi per “cambiare verso” all’Italia. Restano allibiti e increduli i militanti del Pd che l’8 dicembre 2013 avevano votato alle primarie il segretario del Pd e non il presidente del Consiglio, ed alcuni hanno manifestato la loro volontà di restituire le loro tessere per “ protesta contro la staffetta Letta-Renzi ” e contro ” l’ennesimo errore clamoroso del nostro partito” perchè “cosi non si risolvono i problemi del Paese”.

Resta da capire quanto e cosa potrà fare un governo capeggiato da Renzi con la stessa maggioranza del governo Letta, o con l’aggiunta di qualche Scilipoti proveniente da Sel o dal M5s.
Il programma del 39enne fiorentino è molto ambizioso: vuole trasformare l’Italia attraverso la riduzione del costo del lavoro, dell’energia e della politica, l’estensione del reddito minimo garantito e la sburocratizzazione dello Stato.
Atti governativi a dir poco dall’utopica concretizzazione se si vanno a leggere i nomi dei futuri membri della maggioranza parlamentare che darà la fiducia a Renzi: da Formigoni a Sacconi (quello dell’art.8 della legge 138 del 2011  e della deroga del contratto aziendale rispetto al contratto collettivo nazionale), da Schifani (quello del lodo e con società con personaggi poi condannati per mafia) a Lupi(che, stando alle ultime notizie, starebbe per essere confermato al Ministero dei Trasporti e Infrastrutture, ndr), da Quagliariello (quello che gridò all’omicidio di Stato della povera Englaro) ad Angelino Alfano (basta il nome, ndr), senza scordarsi di Giovanardi (si, proprio l’autore della legge che è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta pochi giorni fa).

Con questi personaggi, oltre alla compagine montiana con annessi Casini e Mauro (attuale ministro della Difesa,ndr),  il futuro presidente del consiglio più giovane della storia unitaria italiana(Mussolini aveva 2 mesi in più nel 1922, rispetto a Renzi, ndr) vorrebbe trasformare l’Italia in un paese all’avanguardia, con riforme shock nei primi 2 mesi di governo, per presentarsi alla guida del semestre europeo(dal primo luglio 2013,ndr) e alle elezioni europee(22-25 maggio 2013,ndr) con atti chiari e concreti che possano ricollocare la nostra Nazione tra i Paesi più importanti dell’Ue.

In queste ore frenetiche tra consultazioni al Quirinale e ultimi accordi per formare la maggioranza parlamentare più ampia possibile, c’è il toto-nomi dei possibili ministri per il futuro governo Renzi, che si insedierà, presumibilmente, entro la prossima settimana. Si fanno i nomi di Maria Elena Boschi, renziana della prima ora e componente della direzione nazionale del Pd, come Ministro delle Riforme, oppure di Maurizio Lupi, confermato al Ministero dei Trasporti e Infrastrutture, o di Roberta Pinotti, già sottosegretario alla Difesa nel Governo Letta ora possibile ministro nel medesimo organo di governo e favorevole all’acquisto agli f 35, senza tralasciare la possibile conferma di Beatrice Lorenzin alla Sanità e Dario Franceschini al Ministero degli Interni al posto di Alfano oppure alla Cultura. Altri nomi che si fanno sono quelli di Tito Boeri, economista, al Lavoro oltre a Andrea Guerra, ad di Luxottica, allo Sviluppo Economico.

Renzi sarà il terzo presidente del Consiglio consecutivo non eletto grazie al voto popolare, anche se in Italia non è di indicazione diretta ma solo come capo coalizione, dopo Letta e Monti. Ancora una volta i media nazionali parlano di “scelta inevitabile” per oltrepassare la palude nella quale si era infilato il governo Letta, non ricordando che i numeri e le persone che sosterranno il governo Renzi saranno gli stessi, e quindi lo scarso margine di manovra e la utopica concretizzazione di “cambiare verso all’Italia”. Ma c’era un’alternativa che era possibile e che sicuramente Renzi prenderà in considerazione se, come avverrà molto probabilmente, cadrà nello stallo parlamentare, dovuto alle lungaggini degli iter parlamentari delle leggi, al netto della mancanza di convergenza, sui temi principali quali Lavoro ed Economia, all’interno della maggioranza: legge elettorale e voto subito, a ottobre.

Da questa breve e sintetica descrizione dell’attuale e futura condizione politica del nostro Pese, viene in mente un’immagine che può ritrarre perfettamente l’attuale situazione: un conducente al volante di un pulmino sgangherato, che cade a pezzi per mancata manutenzione, che corre a tutta velocità e rischia di sbattere addosso a un muro. Attenzione che i passeggeri siamo noi italiani, cominciamo ad aprire gli occhi prima che sia troppo tardi.


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