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Il gelo di Dio

Creato il 18 gennaio 2013 da Lucas
Stasera sono così stanco che voglio esperire la scrittura a occhi semichiusi, à la Federigo Tozzi, scrittore del primo Novecento, molto bravo, molto apprezzato dalla critica - ma io non sono mai riuscito a leggere più di qualche pagina, mea culpa, mi piace di più Romano Bilenchi.
«Durante una notte, un giovane di abitudini libertine se ne tornava a casa a cavallo. Fu colto da sonnolenza e a sua insaputa il cavallo lo portò in quel luogo a lui sconosciuto, presso l'abbazia. Una voce gli disse: “Abbandona questa vita di turpitudini. Fermati qui e inizia una vita da eremita”. Come prova che quella fosse la voce di Dio il giovane aveva risposto: “Se la mia spada trafiggerà quella pietra obbedirò”. La spada si era conficcata fino all'impugnatura nel masso ed era ancora lì, alla vista dei visitatori». Romano Bilenchi, Il gelo, Rizzoli, Milano 1982.
Dicevo della stanchezza: stasera, ritornando a casa, malgrado le mie abitudini libertine siano meno abitudini di quanto vorrei, sono stato colto da sonnolenza a mia insaputa. Mi sono fermato a lato della strada e, per vincere il sonno, complice anche il bisogno di far la pipì, sono sceso nel semibuio, poco distante in linea d'aria da una piccola chiesa sconsacrata. Mentre espletavo il bisognino, una voce, improvvisa, mi ha detto: «Abbandona questa vita di turpitudini, di scrittura compulsiva, inizia una vita tutta tesa a nascondere la miseria del tuo io». «Chi sei, cosa vuoi?»«Sono Dio».«E chi me lo dice che tu sei Dio?»«Chiedimi una prova, e te lo dimostrerò».«Se la mia fava diventerà dura guardando quella pietra, obbedirò».«Lo vedi che sei turpe?»Dal getto fine e intimorito della mia pipì si è alzata una timida nube di vapore. Non ce l'ho mai avuto così piccolo e così indifeso come stasera, dato il gelo.

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