Andreatta Valentino detto Gendarmo fu Pietro, 39 anni, ammogliato, altre volte condannato per contravvenzione finanziaria.
Accusa di contravvenzione all’art. 23 sulle Coltivazioni, per un ammanco, nella partita del 1871, di 4000 foglie “in rottura” su un totale di 188849, corrispondenti a Kg. 10 di tabacco lavorato.
Sentenza del 2 ottobre 1872: multa fissa di L. 51 e 100 di proporzionale, condonate il 22 luglio 1878.
La notte era fredda e una nebbia spessa si stendeva bassa sull’acqua infilando le sue dita vischiose sotto i nostri indumenti.
Il Gendarmo, in piedi sulla poppa della scialuppa, annusava le correnti d’aria col becco del naso, come avrebbe potuto fare un animale. Di tratto in tratto, all’improvviso, un grido vacuo, scrosciante rompeva fuori dalle sue labbra e noi restavamo fermi nel silenzio e, cullati dall’acqua nera, udivamo annusare nella profonda calma ghiacciata della notte.
Dopo aver remato per un chilometro circa arrivammo sulle acque basse che si stendono davanti a Valstagna e fu lì che tutto l’annusare del Gendarmo ebbe la sua ricompensa.
Il Gendarmo ci aveva dato l’alt con quel singolare grido di animale che era come uno scroscio isterico di risa e ci tenne fermi tanto a lungo che anche la barca mi parve vibrasse del nostro tremito nervoso. Noi udivamo solo il debole cinguettio di qualche stormo di uccelli in volo verso sud; eppure il Gendarmo avvertiva qualcosa tanto che lo sentivamo piegarsi da una parte e dall’altra. Lo udivamo annusare come un cane, soffiare e poi aspirare l’aria con forza.
E’ chiaro che non poteva trattarsi soltanto di fiuto. Il Gendarmo doveva avere una specie di sesto senso.
Credo possedesse un senso a noi ignoto, lo stesso senso per il quale un cane riesce infallibilmente a scoprire la direzione di casa.