Per l'avventura: vento in poppa e il gene giusto (Cortesia Kevin Murray).
Dal nomadismo all’infedeltà: tutto nel DNA.
(Roberto Insolia – Corriere del Ticino Web+)
Immaginiamo che esista il gene dell’avventura e che sia alla base di quell’istinto che ci fa abbandonare tutto e tutti per andare lontano. Perché è innegabile che Marco Polo, Cristoforo Colombo e Bruce Chatwin fossero uomini con lo spirito d’avventura realmente nel sangue. Ma attenzione: siccome tutti noi umani abbiamo gli stessi geni nel nostro DNA, a qualunque età e a qualunque etnia apparteniamo, la questione dev’essere un po’ più sottile.
Una decina di anni fa, il neuroscienziato Chuansheng Chen, dell’Università della California a Irvine, si è occupato di uno dei viaggi certamente più epocali e avventurosi nell’intera storia di Homo sapiens: la sua partenza dal nativo continente africano circa 50 mila anni fa e la successiva colonizzazione del mondo. Chen, mediante tecniche di biologia molecolare, ha indagato le varianti di un gene che codifica per un recettore proteico in grado di legare la dopamina, una molecola che può dare un senso di eccitazione accompagnato anche a iperattività. Il gene in questione si chiama DRD4 e le sue varianti, dette alleli, sono delle sequenze ripetute di DNA, il cui numero di ripetizioni può essere diverso in ogni individuo. In particolare, due varianti meno comuni di questo gene sono state associate a un comportamento molto attivo, volto alla ricerca di nuovo esperienze: per intenderci, “l’avventura”. Gli alleli del gene DRD4 sono quindi stati studiati da Chen in oltre 2.000 individui, provenienti da 39 popolazioni distribuite lungo l’originario viaggio di Homo sapiens dall’Africa attraverso l’Europa, l’Asia e le Americhe: è così risultato che proprio le varianti “avventurose” del gene DRD4 erano più frequenti nelle popolazioni girovaghe rispetto a quelle più stanziali.
Tuttavia lo studio di Chuansheng Chen e dei suoi collaboratori, pubblicato su “Evolution and Human Behavior”, presentava qualche debolezza di tipo metodologico che poteva aver inciso sui risultati. Dopo oltre dieci anni, lo stesso approccio sperimentale è stato migliorato da Luke Matthews, della Harvard University, e Paul Butler, dell’Università di Boston, in uno studio recentemente pubblicato sull’“American Journal of Physical Anthropology”. I due ricercatori hanno indagato in modo più rigoroso la distribuzione delle varianti alleliche di DRD4 in 18 popolazioni, sempre localizzate lungo il percorso migratorio dei nostri antenati. E’ chiaramente risultato che, più ci si allontana dall’Africa, più aumenta la frequenza degli alleli associati al comportamento più attivo.
Insomma, sembra che le varianti più avventurose del gene DRD4 siano state indirettamente selezionate in un’epoca in cui l’iperattività e l’istinto di mettersi in viaggio potevano essere un vantaggio, anche in termini di selezione naturale. Però tutto questo nella nostra società civilizzata potrebbe presentare anche degli svantaggi. Infatti lo stesso gene DRD4 sembra oggi associarsi alla sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), un disturbo nel quale la marcata iperattività nel bambino può impedire il normale sviluppo delle relazioni sociali.Robert Moyzis, ricercatore dell’Università della California a Irvine, ha infatti dimostrato che i pazienti con diagnosi di ADHD hanno una probabilità molto alta di avere uno degli alleli avventurosi nel gene DRD4.
A rendere tutto ancora più intrigante (ma anche un po’ inquietante…) è il fatto che il gene DRD4 sembra associarsi anche a comportamenti un po’ più da “vita spericolata”, come l’alcolismo, il tabagismo e anche l’infedeltà. Un gruppo di antropologi e psicologi statunitensi, coordinati da Justin Garcia, della Binghamton University, ha addirittura evidenziato in un articolo su “PLoS ONE” come l’infedeltà possa avere una base genetica, legata a DRD4. In questo caso, la stessa variante allelica che forse ha aiutato Homo sapiens a colonizzare il mondo potrebbe rendere avventuroso l’uomo moderno, almeno per una notte.
Matthews LJ, & Butler PM (2011). Novelty-seeking DRD4 polymorphisms are associated with human migration distance out-of-Africa after controlling for neutral population gene structure. American journal of physical anthropology PMID: 21469077
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