Questo è un articolo uscito su Repubblica nei mesi scorsi. Fui contattata da Carlo Alberto Bucci per avere ulteriori informazioni ma, ad essere sincera, non sapevo che mio padre avesse fotografato Vittorio Gassman, nè che di questo incontro volesse farne una mostra. Ho sempre saputo, ad esempio, della sua collaborazione con Luigi Di Gianni ed Ernesto De Martino alla realizzazione del documentario Magia Lucana che vinse il I° Premio del Documentario al Festival di Venezia 1958, ma di questo no. Poi, sollecitata dalla telefonata di Bucci, mi sono messa a cercare ed ho trovato alcune foto di mio padre e di Gilardi. Purtroppo quelle di Gassman pubblicate da Repubblica non possono essere riprodotte a causa dei soliti e banali e molto italiani problemi sui diritti o perchè questo e quello vogliono liberatorie e via dicendo. Sono certa che mio padre le avrebbe regalate.Ecco il link dove Carlo Alberto Bucci racconta la storia: Et voilà
ROMA Porta le mani in avanti per dire lo stupore, si piega come un arco per significare disperazione, s' accuccia meditabondo tale e quale al Pensatore di Rodin. Poi il riso, l' attesa, la resa. Un dizionario dei gesti ancora da decifrare, immortalato da centoventicinque foto che ritraggono un inedito Vittorio Gassman. Le immagini sono state ritrovate dagli studiosi del Museo nazionale arti e tradizioni popolari diretto da Maura Picciau mentre riordinavano un vecchio schedario. Il museo si trova a Roma, quartiere Eur. Qui, in una mattina non meglio identificata tra la primavera e l' estate del 1958, il grande attore varcava il colonnato bianco di piazza Guglielmo Marconi con il suo passo atletico da ex azzurro di basket. Indossava una strana tuta da operaio - pur in elegante velluto a coste. Ma "er Pantera" (i Soliti ignoti usciva quello stesso anno) non stava girando un film, si trovava lì in qualità di modello. Anzi, di cavia: un gruppo di antropologi voleva mettere in piedi una mostra sul linguaggio del corpo nella tradizione italiana. Il servizio fotografico fu realizzato da Ando Gilardi, reporter che aveva già immortalato le ricerche sul canto nel Meridione di Ernesto De Martino e Diego Carpitella, e curato da Romano Calisi. I nomi dei due antropologi si trovano sul retro delle foto dell' attore genovese e anche delle novantuno stampe in cui a parlare con le mani furono l' attore Checco Durante e la sua compagnia di teatro dialettale romano. Di questo servizio sulla cinesica, la scienza che studia il linguaggio dei gestie che proprio negli anni Cinquanta prendeva corpo, Gassmanè l' attore principale ma, al tempo stesso, la figura più misteriosa ed eterodossa. Dietro le sue foto non ci sono didascalie che spieghino quale fosse il significato dei gesti mimati, mentre in alcune di Durante e dei suoi teatranti appare esplicitato ciò che mani, faccia e corpo dichiarano: "la beffa", "la preghiera", "la perplessità", fino all' "usura" mimata da Enzo Liberti con le mani sotto la gola (lo "strozzato"). Più o meno il vocabolario codificato nel 1832 da Andrea De Jorio nel libro La mimica degli antichi investigata nel gestire napoletano preso a modello dagli organizzatori della mostra. «Le foto di Gassman non hanno le didascalie anche perché probabilmente - ragiona l' antropologa Marisa Iorio - non erano sottoponibili a repertorizzazione». È possibile insomma che il Mattatore quella mattina del 1958 nelle sale vuote del museo improvvisò all' impronta, suggerendo lui stesso, da un navigato animale da palcoscenico quale già era a trentasei anni, nuovi termini nel vasto e inesplorato linguaggio dei gesti. E pensare che non sarebbe dovuto essere lui l' attore principale della mostra. Nelle intenzioni del direttore del museo, Tullio Tentori, il protagonista avrebbe dovuto essere infatti un napoletano: Totò, Eduardo o Peppino De Filippo. Nessuno dei tre si fece però coinvolgere in un progetto carico di belle speranze ma povero di finanziamenti. In una lettera del gennaio 1957 il direttore scriveva una "richiesta di collaborazione" al "Principe Focca Flavio Comneno de Curtis Di Bisanzio", in arte Totò: «Basandosi la mostra su un trattato che Ella certamente ben conosce - ossia il libro di De Jorio, ndr - le sarò grato se Ella vorrà permettere la registrazione fotografica di alcune interpretazioni di gesti napoletani, che saremo lieti di poter far figurare nella mostra stessa». Il "Signor Principe" non replicò, o rispose picche. Due mesi dopo toccava quindi a Calisi girare la richiestaa Eduardo De Filippo presso il Teatro Eliseo di Roma. Calisi era certo di trovare in Eduardo «non solo l' uomo di cultura perfettamente in grado di comprendere il valore scientifico dell' iniziativa, e non solo sul piano etnografico: ma anche l' artista che all' iniziativa stessa può dare un contributo creativo altrimenti introvabile». La risposta di Eduardo dovette essere positiva se è vero che il 10 giugno dello stesso anno, al fine di ottenere un contributo economico che tuttavia non arrivò mai, Calisi spiegava che «le spese vive... ammonteranno ad un minimo di lire 1.000.000»; e tra queste elenca le «sedute di ripresa con De Filippo». La mostra- che prevedeva anche il coinvolgimento dello zoo di Roma per la mimica delle scimmie, dell' Accademia nazionale della danza per la gestualità dei ballerini, nonché il contributo dell' associazione dei sordomuti- si sarebbe dovuta tenere prima nel giugno, poi nel settembre del 1957, ma subiva continui ritardi. Anche perché Eduardo prendeva tempo. Fu così che il 19 dicembre Tentori tentava la strada del fratello, l' "Illustre commendatore Peppino De Filippo" chiedendogli «di accordare un colloquio al prof. Giorgio Fano». La risposta di Peppino è un capolavoro di aristocratica dissimulazione: «In quel che posso- scrivea Tentori- sarò ben lieto di dare la mia collaborazione»e «sono felice di incontrarmi con il Prof. Giorgio Fano, incontro che potrebbe avvenire al Teatro delle Arti in una sera che al Prof. Fano piace dalle ore 20 alle 21. Mi scuserà l' orario così preciso, ma a causa del mio lavoro teatrale e cinematografico non posso disporre di un orario diverso». Cattedratico di chiara fama, amico e mentore di Umberto Saba negli anni giovanili a Trieste, poi tra i massimi interpreti dell' idealismo di don Benedetto Croce, Giorgio Fano aveva a disposizione solo un' ora al giorno, quella di cena, se voleva conferire con il capo comico, nel camerino in via Sicilia. Ma è comunque probabile che accettò le condizioni. In un rapporto sulla mostra in preparazione si legge infatti che le foto «con Checco Duranteei suoi collaboratori» sono «in corso di stampa» mentre quelle «con Peppino De Filippo» sono state «eseguite oggi», anche se di quegli scatti non c' è traccia. Ma quando entra in scena Gassman? Visto che, probabilmente, anche Peppino ha dato buca, il 22 marzo Tentori scrive più "richieste di collaborazione" in cui non si fa più leva sulla napoletanità. Le lettere vengono spedite infatti in copia identica a Arnoldo Foà, Vittorio De Sica, Franca Valeri, Giulietta Masina e Vittorio Gassman. Solo quest' ultimo, a quanto risulta, accetta l' offerta. Nel tira e molla tra le esigenze di una ricerca scientifica che, anche allora, poteva contare su budget risibili, e l' agenda affollata di attori dai cachet sostanziosi, la curiosità a 360 gradi di Gassman per tutti gli aspetti della cultura ebbe la meglio. Pagato o a titolo gratuito non lo sappiamo, fatto sta che nella primavera-estate del 1958 il Mattatore vestì di buon grado l' abito neutro della ricerca antropologica. E mise in scena tra i marmi dell' Eur il suo istrionico, irripetibile linguaggio muto della vita.
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© RIPRODUZIONE RISERVATA CARLO ALBERTO BUCCI