Vincent Van Gogh, ramo di mandorlo in fiore
Il parlare del Secolo Lungo, mi porta ad approfondire un tema riguardante le contaminazioni artistiche culturali che l'Europa ha sempre recepito e che sono alla base della nostra società.La cultura europea è sempre stata permeabile. Lo è sin dalle sue antichissime origini greche quando le influenze d'Oriente furono necessarie alla genesi dei Kouroi quanto al pensiero di Pitagora. Lo fu in modo magistrale durante l'impero di Roma quando ogni contributo veniva macinato in un unico brodo di dei, commerci e popoli. E questa formidabile tradizione di Roma, passata a Bisanzio rimase tale anche quando Bisanzio diventò Costantinopoli, al punto che si può affermare che l'impero di Roma, inteso come mescolanza perenne, si concluse solo nel 1922 con la fine di quello ottomano. E sempre per l'Europa che rinasceva ai commerci e al pensiero dopo il Mille fu essenziale il dialogo con il mondo arabo, da cui vengono lo zucchero, l'elisir e lo zero. Tramite gli arabi si rilesse Aristotele e l'antichità greca filtrata. E così nei secoli. Il Settecento scoprì i fascini della Cina con cui si commerciava tramite la Compagnia delle Indie, si tentò poi di rubarle il segreto della porcellana e ce la fece Bottger rendendo Meissen luogo di alta ricchezza. Ed è solo la contaminazione ed il contatto con la cultura giapponese che ha radicalmente alterato la percezione degli spazi e posto le basi per una nuova loro distribuzione nelle abitazioni "moderne", cambiato il rapporto illuminotecnico con le finestre e il sistema delle porte che da una stanza conducono all'altra. E' solo il contatto con la cultura giapponese che ha stimolato i pittori a superare la questione della materia elaborata e mescolata, delle velature e del chiaroscuro per scoprire il fascino delle tinte piatte. Interrompendo il lungo percorso che aveva portato gli artisti al tentativo di rappresentare il mondo in una mimesi che sarebbe piaciuta ad Aristotele.Henri de Tolouse-Lautrec, divano giapponese
Il Giappone ci insegnò a rappresentare l'essenza intellettuale delle cose. Questa visione nipponica del mondo era così sostanzialmente opposta a quella europea materialistica che la contagiò in modo definitivo. In più questa nuova visione delle cose arrivò proprio nel momento in cui si diffuse la fotografia, la quale si poneva come concorrente agli artisti per qualsiasi visione realistica del mondo.E la pittura reagì con tre vie diverse. Da un lato optò per una crescita della precisione (Tissot ne è un esempio) dove si superava il limite di tempo della fotografia, la quale non può che rappresentare l'istante. Dall'altro si mise a competere nel campo del colore, ma d'un colore che veniva stimolato a una realistica interpretazione della luce, dagli impressionisti ai pointillistes (come abbiamo avuto modo di vedere). Dall'altro ancora, uscendo dal realismo (vero) o finto (storico-esotico-preraffaellita) per affrontare una rappresentazione del concetto delle cose. E proprio questo punto ci porta a dover parlare del Giappone ... nel prossimo post ... stay tuned!