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Il sentir parlare così tanto di Sofia Coppola in questo periodo [tutti a discutere se The bling ring sia una vaccata o no] mi ha fatto venir voglia di rispolverare questa sorta di classicume moderno. Uno di quei film che devi vedere per forza se vuoi farti una tua idea, perché ne hai sentito parlare in tutte le maniere. C'è chi lo descrive come uno di quei film che rivaluti crescendo, chi invece rimane con la mente ferma a diciotto anni e continua a bollarlo come un capolavoro. Io per una volta nella mia vita sono rimasto con le idee ben chiare e, già quando lo vidi per la prima volta a diciotto anni, dissi che è un film un po' furbetto, godibile, ma nulla di ascensionale. Forse sarò io che all'epoca ero molto più maturo do certi adulti di adesso, o forse perché sapevo valutare la realtà per come stavano le cose, ma questa prima fatica della paraculata per eccellenza di Hollywood mi aveva saputo affascinare il giusto, ma lasciato molto indifferente per certi altri aspetti.
Le figlie della famiglia Lisbon, fra i quindici e i diciannove anni, sono molto belle ma anche molto infelici. La madre è un'acida bigotta, mentre il padre non ha polso ed è continuamente assente. Quando la più piccola di loro si toglie la vita gettandosi sulla ringhiera acuminata del loro giardino, i ragazzi del quartiere cercano di avvicinarsi alle sorelle superstiti, che da quel fatto si dimostrano decisamente più spensierate...Non ci vuole un cervello da fisica quantistica per vedere questo film, ma c'è da dire che nonostante tutto, questa non è una pellicola facile. E non perché parli del dolore, anche perché a mio parere questo è uno dei metodi più furbi per accaparrarsi i favori del pubblico. Infatti tutti soffrono, e tutti tendono a riconoscersi verso quei soggetti che provano i loro medesimi tormenti, tendendo così a dare giudizi spropositati verso certi prodotti. Qui si gioca con quest speciale algoritmo, descrivendo una vita di paese decisamente asettica, con questa malattia degli alberi che metaforizza un morbo che si sta covando in mezzo a tutte quelle belle persone. Si parla di queste ragazze e del loro mal di vivere, della loro famiglia decisamente sbagliata e della loro bellezza, che si dimostra un'arma a doppio taglio. La madre crede in maniera maniacale nella superficie della fede, costringe tutti a pregare prima di mangiare e impone a una delle figlie di bruciare i suoi dischi perché ritenuti immorali [ehi, ma una di quelle ascolta heavy metal!], il padre invece è preso solo dalla matematica e dai suoi modellini, non sa imporre disciplina e si comporta quasi come se le sue figlie non esistessero. Un ambiente famigliare decisamente non innovativo ma che può spiegare per bene cosa può portare alla deriva delle giovani menti ancora in cerca della loro direzione, i tormenti di un'età, quella adolescenziale, dove ancora non sai cosa devi fare della tua vita e quale è il tuo ruolo nel mondo. Alla faccia che l'adolescenza è il periodo più bello di sempre. Il tutto però non è raccontato dalle ragazze biondocrinute, bensì da quei ciofani che le guardano da lontano e che sono da sempre innamorati di loro. Questo è il grande punto di forza ma anche l'estrema debolezza di questa pellicola. Un punto di forza perché spinge a interrogarsi su certe cose, a pensare a come si sarà da adulti e come ricorderemo gli anni della nostra giovinezza. Un punto di forza perché permea tutta la pellicola in una strana atmosfera, come se fosse fuori dal mondo e dal tempo, immerso in questa dimensione malinconica e che, pur essendo narrata nel presente, volge sempre lo sguardo verso un passato (quello di tutti) che sembra più irraggiungibile che mai. Ma questo punto di vista è anche una gran debolezza, perché proprio il non addentrarsi mai nei dettagli nella vita di queste ragazze rende abbastanza confusionario e facilone il trattare del loro caso, finendo alla fine per parlare di tutto e di nulla. Non so ancora dire se il film si incentra più sulla vita delle cinque ragazze o dei giovanotti che ne raccontano le vicende, e quindi non comprendo bene dove voglia andare a parare il tutto. Certo, si parla di dolore, ma quale dolore è stato scaturito? Si mostra quello più palese e spettacolare, o quello più subdolo che meriterebbe maggiori spiegazioni? La Coppola non ce lo spiegherai mai chiaramente, ma in compenso ci offre delle inquadrature ben studiate che si sposano bene con una fotografie che favorisce l'essere catturati da quella strana dimensione della quale ho parlato. Magra consolazione, ma se non altro c'è. Ottimo il cast, sia quello dei maschietti capitanati da un giovanissimo Josh Hartnett, che quello delle bionde guidate dalla bellissima Kirsten "ho-mostrato-le-tette-in-Melancholia" Dunst.Tutti citano il suicidio finale spoilerato dal titolo, ma io invece conservo un'altra scena nel cuore: quella del suicidio della più piccola, quando c'è il ragazzo down che guarda nel vuoto come se nulla fosse successo. Raramente una scena mi ha disturbato così tanto.Voto: ★★★