IL GIOCO DEI CLIC
Non abbiamo bisogno di attendere febbraio e il risultato della consultazione online lanciata da Beppe Grillo per conoscere la proposta di legge elettorale «liberamente votata» dagli iscritti al Movimento 5 Stelle. Si può scommettere sin d’ora che non sarà nessuna delle tre ipotesi maggioritarie (sindaci, sistema spagnolo, Mattarellum corretto) avanzate dal Pd di Renzi, ma una quarta di base proporzionale che, vedi il caso, coincide con gli interessi aziendali della Grillo&Casaleggio associati. In questo modo l’unica maggioranza possibile sarà ancora quella destra-sinistra, con Pd e Berlusconi, e Grillo potrà sempre gridare all’inciucio.
La Grillo&Casaleggio non vuole liquidare l’orrido regime della Seconda repubblica, altrimenti voterebbe una legge maggioritaria puntando alla vittoria finale. Preferiscono lucrare il più possibile sul caos politico, alla faccia e sulla pelle degli italiani.
Beppe è stato un grande comico e potrebbe evitarci queste pagliacciate della cosiddetta democrazia diretta, ma nella presa per i fondelli dei propri elettori è compresa questa finzione, già sperimentata con successo con le parlamentarie, che hanno eletto senatori e deputati i militanti con più parenti, e le quirinarie, una vera farsa. Alle quirinarie gli iscritti avevano votato, sempre liberamente, una lista di candidati utile alla strategia dei capi: mettere in difficoltà il Pd, ma senza arrivare a un accordo per un nome condiviso.
Sono convinto che Internet sia un passo indietro rispetto all’evoluzione della specie. Di sicuro lo è per la democrazia, retorica a parte. Il partito-movimento di Grillo, che è il più grande fenomeno politico mondiale nato dalla rete, ne è una conferma clamorosa. Con tutte le chiacchiere sulla democrazia diretta e «l’uno vale uno», il Movimento 5 Stelle è un partito autocratico da anni Trenta.
Non si era mai visto uno schieramento con il marchio depositato alla camera di commercio e protetto da uno stuolo di legulei. I capi concedono o negano il marchio, vedi il caso Sardegna, secondo logiche aziendali. Decidono quando fare le dirette streaming e quando non farle.
Le consultazioni online sono riservate ai soli iscritti, per giunta quelli della prima ora, poche decine di migliaia di persone, spesso molto meno. I risultati sono palesemente decisi da Grillo e Casaleggio, che possono anche non comunicarli, come hanno fatto dopo il primo turno delle quirinarie.
I commenti non in linea con la volontà dei capi sono sistematicamente espulsi dal sito. Il quale sito, peraltro, rimane di proprietà di Grillo, che lo usa per vendere propri prodotti e pubblicità. È la follia. Eppure i seguaci non fiatano, illusi di partecipare con un clic al grande gioco. Gianroberto Casaleggio, ideologo della democrazia in rete, è del resto un oligarca e un teorico del governo della rete da parte di un’élite illuminata.
Lungi dal liberare i cittadini dalla passività del mezzo televisivo, la rete ha costruito una base di finta partecipazione che permette a chi comanda di decidere da solo, ma fra gli applausi dei sudditi. Oltre a impedire la partecipazione, la rete limita anche il dibattito. O meglio, abbassa il dibattito a un livello tale da renderlo del tutto inutile, se non come pretesto per sfogare la rabbia di qualcuno e la pazzia di molti.
Su Internet sono tutti esperti, scienziati, profeti. Il dato oggettivo non esiste perché, almeno in questo, uno vale davvero uno. Si assiste dunque a discussioni su argomenti importanti e complessi affidati a pseudo studiosi, con corredo di deliranti teorie del complotto e vere e proprie leggende metropolitane. Al confronto, perfino i dibattiti in Parlamento sembrano una faccenda seria. Si parte con i petrolieri che bloccano da decenni l’auto all’idrogeno e le case farmaceutiche che boicottano la cura contro il cancro, e si finisce con chi ha visto le sirene e i microchip della Cia sotto la pelle. Poiché tutto è complotto, nulla lo è.
(Curzio Maltese)
NOTA: Mi aspetto che anche questo giornalista entri nella lista di proscrizione di Grillo. C’è da scommetterci.