“Ricchi o poveri, intelligenti o non intelligenti, tutti noi usiamo la salute”
Questa mattina sfogliavo piuttosto distrattamente un libro sul quoziente finanziario (uno di quei libri abbandonati sul comodino del bagno da mio marito) fino a quando questa frase mi ha illuminata.
Un po’ perché era già stata evidenziata in giallo da mio marito
, ma sicuramente molto di più per ciò che mi stava dicendo.Medici o pazienti, ammalati o sprizzanti energia, tutti noi ogni giorno utilizziamo la nostra salute. Punto.
Non ci sono scorciatoie. Non ci sono “ci credo” o “non ci credo”. Per quanto diversi, con interessi differenti, preparazioni opposte e obiettivi individuali, tutti noi abbiamo bisogno di usare la stessa cosa per arrivare al punto: la nostra salute.
Ciò che ci distingue infatti non è il gioco. Tutti, coscienti o meno, stiamo giocando al gioco della salute. E’ nella conoscenza delle regole che le differenze si fanno sentire. E anche piuttosto pesantemente.
Quando Campbell ci dice, nella sua ultima intervista, che la lezione più importante che si apprende da uno stile alimentare vegetale e integrale è la “capacità di prendersi in mano e pensare in prima persona alla propria salute” intende esattamente questo.
Da troppo tempo ormai siamo abituati a pensare alla nostra salute come a qualcosa cui pensano altri. Se stiamo bene, tutto ok, lasciamo che il gioco vada avanti da sé. Appena però avvertiamo un lieve disturbo, ci rivolgiamo al nostro medico e su di lui riversiamo tutto il peso di dare una risposta al nostro problema: ricercare le possibili cause del nostro disturbo, pensare alle strategie migliori per intervenire rotta, adottare gli strumenti più utili per curare all’origine il nostro male.
In questo gioco di risoluzione che ci riguarda in prima persona, noi non prendiamo parte alcuna. Non cerchiamo di capire quale regola abbiamo disatteso nel tempo (il perché del disturbo avvertito), non studiamo insieme ai professionisti, medici, terapeuti o specialisti le possibili soluzioni al nostro problema e non impariamo a scegliere coscientemente una strategia suggerita in modo che non si verifichi più. In parole povere, non cresciamo.
Prendersi in mano, vuol dire proprio questo. Vuol dire investire del tempo nello studio e nella lettura di ciò che ci riguarda. Vuol dire rimboccarsi le maniche e affiancare i curanti nelle scelte migliori per noi. Vuol dire capire che i principali attori in questo gioco della salute siamo noi, e che nessuno potrà mai sostituire l’efficacia nel risultato finale della partita di una crescita personale nella conoscenza delle regole che lo sottendono.
L’informazione è tutto. Lo studio di ciò che ci riguarda, ancora di più.
E di strumenti ce ne sono davvero tanti: dalle domande agli specialisti allo studio personale, dai libri alle riviste, dai corsi ai convegni.