Autrice: Isabel Allende
Titolo: Il gioco di Ripper
Anno: 2013
Pagine: 462
Casa Editrice: Feltrinelli
Genere: Giallo
Formato: Cartaceo/ebook
Prezzo: 19 (12.99 in ebook)
TRAMA (dalla quarta di copertina) :
Le donne della famiglia Jackson, Indiana e Amanda, madre e figlia, sono molto legate pur essendo diverse come il giorno e la notte. Indiana, che esercita come medico olistico, è una donna libera e fiera della propria vita bohémienne. Sposata e poi separatasi molto giovane dal padre di Amanda, è riluttante a lasciarsi coinvolgere sentimentalmente, che sia con Alan, ricco erede di una delle famiglie dell’élite di San Francisco, o con Ryan, enigmatico e affascinante ex navy seal dell’esercito americano, ferito durante una delle sue ultime missioni. Mentre la madre vede soprattutto il buono nelle persone, Amanda, come suo padre, capo ispettore della sezione omicidi della polizia di San Francisco, è affascinata dal lato oscuro della natura umana. Brillante e introversa, appassionata lettrice, dotata di un eccezionale talento per le indagini criminali, si diletta a giocare a Ripper, un gioco online ispirato a Jack the Ripper, Jack lo squartatore, in cui bisogna risolvere casi misteriosi. Quando la città è attraversata da una serie di strani omicidi, Amanda si butta a capofitto nelle indagini, scoprendo, prima che lo faccia la polizia, che i delitti potrebbero essere connessi fra loro. Ma il caso diventa fin troppo personale quando sparisce Indiana. La scomparsa della madre è collegata al serial killer? Ora, con la madre in pericolo, la giovane detective si ritrova ad affrontare il giallo più complesso che le sia mai capitato, prima che sia troppo tardi.
GIUDIZIO :
La mia impressione è che Isabel Allende abbia riversato in questo romanzo tutto il contenuto delle sue moleskine, in cui teneva da decenni appunti del tipo: “casomai un giorno scrivessi un giallo…”
Quel che ne è usicto costituisce una trama esile, anche se popolata da una platea affollatissima di personaggi, e affogata in una voluminosa marea di dettagli leziosi e barocchi. E sostanzialmente inutili.
Oh, certo, il mestiere c’è eccome: si sente, è innegabile. E, d’altra parte, nessuno pretende che Isabel Allende resti perennemente uguale a se stessa.
Vive negli USA da decenni, e non è più la stessa autrice che ci regalò “La casa degli spiriti”, con quella scrittura magica e sorprendente che ne fece a lungo un alter ego femminile del miglior Gabo.
La Allende è, ormai da tempo, una meticolosa professionista della scrittura: e quello che una volta era gioiosa, dilagante, generosa invenzione, ha lasciato inevitabilmente il posto ad un efficace meccanicismo produttivo.
Forse è per questo che l’anima “crime” e la parte investigativa del romanzo sono quasi soffocati dentro un verbosissimo polpettone amoroso (il tipo di scrittura che alla Allende attuale è ormai più congeniale), e vi annegano e soffrono come il cuore di un obeso assediato dal grasso.
La ragazzina protagonista, ed i suoi amici investigatori sparsi ai quattro angoli del globo, sono assai poco empatici… e lo svolgersi degli eventi manca di credibilità.
E’ assai improbabile che una corte dei miracoli virtuale, costituita da amanti di un gioco di ruolo, si dedichi all’investigazione, sia presa in considerazione da un ispettore di polizia e giunga a suggerire la soluzione del giallo. Il fatto che l’ispettore sia il padre della protagonista, poi, è trovata adatta ad un libro per ragazzi. La sensuale madre new-age, generosa e in lotta perenne per una esistenza economicamente dignitosa è disegnata per commuovere il popolo americano, ma risulta in fondo un personaggio abbastanza stucchevole, così come i suoi fidanzati. Gli incubi afgani del navy seal hanno un retrogusto di “già letto milioni di volte”, in reportage e altri libri.
Il finale – un action movie che riscuote il lettore alla fine di una commedia tutto sommato sonnacchiosa – è quasi un corpo estraneo rispetto al resto della vicenda.
Sono poi molti, nel testo, i riferimenti ad una attualità “usa e getta”, che diventeranno incomprensibili nel prossimo futuro. Peraltro, il romanzo non mostra affatto ambizioni di mantenere la sua validità nel tempo: la Allende può ancora scriverne migliaia, di pagine simili, senza bisogno di rendere indimenticabili queste.
Detto ciò, il prodotto, pur nato da una sfida commerciale,
Di questi tempi,non è poco.
Si lascia dunque leggere – a tratti – con grande piacere, anche se la noia è perennemente in agguato e spesso aggredisce il lettore in modo assai più pericoloso e infido del serial killer. Basta dimenticarsi che, da grande, vorrebbe essere un giallo.
SULL’AUTRICE :
Isabel Allende, nata nel 1942 in Cile, vive negli USA dal 1989. E’ parente del Presidente Salvador Allende, e lascia definitivamente il Cile nel 1975, due anni dopo il colpo di stato. Diventa celebre con “La casa degli spiriti”, 1982, in cui descrive le vicende familiari, e con i libri successivi ambientati in Cile. Colpita nel 1991 dalla scomparsa della figlia Paula, a causa di una malattia rara, ne descrive la vicenda nel libro omonimo. In tempi più recenti, ha scritto una trilogia avventurosa per ragazzi. Questo è il suo primo giallo.
Marco Zanette