Essendo Julian Assange detenuto in isolamento nella prigione di Wandsworth, la comunità degli attivisti hacker presidia i cyber campi di battaglia
E’ una delle più recenti reclute dell’operazione Payback. In una camera di Londra, l’hacker di 24 anni, sta preparando le sue armi per le battaglie di questa settimana nella guerra cibernetica in corso. Lui è un sedicente difensore della libertà di parola, la sua arma è un computer portatile e il suo nemico la società statunitense responsabile degli attacchi al sito di Wikileaks.
Egli ha visto i volantini spuntare sul web a metà settembre. In chat, nei forum di discussione e nelle caselle di posta da Manchester a New York a Sydney, il volto sorridente di una maschera di Guy Fawkes era apparso come una chiamata alle armi. In tutto il mondo un battaglione di hacker era stato arruolato.
“Salve, anonimi colleghi”, si legge sotto il titolo Payback Operation. Accanto vengono mostrati una serie di programmi software definiti “le nostre armi tra cui scelgliere” e un messaggio forte: la gente chiede di dimostrare il proprio “odio”.
Come per la maggior parte dei conflitti internazionali, la guerra su internet nelle scorse settimane è iniziata a bassa intensità, poco più di un battibecco, il picco è atteso in questi giorni in una lotta globale.
Prima di Wikileaks, obiettivo dell’operazione Payback è stata l’industria discografica americana, scelta per le sue azioni penali contro chi scarica file musicali. A partire da quelle umili origini, Payback anti-censura, anti-copyright, il manifesto per la libertà di parola sarebbe diventato virale, generando la settimana scorsa un esercito amorfo di hacker contro il governo degli Stati Uniti e alcune delle più grandi multinazionali mondiali.
Charles Dodd, un consulente di agenzie governative statunitensi per la sicurezza su Internet, ha dichiarato: “[L'hacker] attacca dall’ ombra e non ha alcun timore di ritorsioni non ci sono regole di ingaggio in questo nuovo tipo di guerra ..”
tutto l’articolo su The Guardian [in inglese]