“A parte quei 14 miliardi di buco, l’azienda è un gioiellino” (Calisto Tanzi)
In fisica, una trasformazione reversibile è una trasformazione in cui le grandezze variano in maniera infinitesimale, così che sia sempre possibile invertire il processo. Sommando un gran numero di trasformazioni reversibili, si ottiene un effetto non reversibile. Applicando lo stesso concetto al limite che si impone alla propria coscienza, si rischia di ritrovarsi quasi senza volerlo molto lontano – eticamente – dai valori di partenza.Se poi compri e scambi i giocatori con Cragnotti con i soldi del Monopoli, e l'Inter viene a Parma e perde sistematicamente per dieci anni, beh permetti che mi incazzo pure.
Il film inizia dalla fine, dall’arrivo della finanza negli uffici della Leda. Non è un mistero, si sa come è finita alla Parmalat. Più interessante capire come da una salumeria si possa arrivare ad uno degli scandali economici più macroscopici e vergognosi di sempre. Il Gioiellino di Andrea Molaioli è ispirato alle vicende del crac Parmalat di Calisto Tanzi: non è difficile riconoscere personaggi ed eventi, ma non si deve commettere l’errore di pensare che la vicenda sia tutta là. Non è così: il lato tragico della vicenda Parmalat, ovvero quello che è accaduto ai piccoli investitori, e quello più nero, ovvero la connivenza del sistema bancario e dei poteri forti, vengono lasciati sullo sfondo. E’ una mancanza grave se ci si aspetta da questo film un j’accuse nei confronti appunto del capitalismo d’assalto o un film reportage, ma diventa un dettaglio se si coglie nel film l’intenzione di rappresentare – tramite la megalomania di Tanzi/Rastelli – la miseria umana di una certa imprenditoria italiana e in generale una distorta idea di successo e di valori che – grazie ad illustri, pessimi esempi – si è radicata nella testa delle persone. In cosa ci stiamo trasformando, quasi senza accorgercene? Cosa stiamo lasciando che accada a tutti noi, cloroformizzati da un'idea di successo malsano e addestrati a guardare il dito che indica invece della luna?
Amanzio Rastelli (Remo Girone) è un personaggio sin troppo umano (mi ha ricordato Il Caimano, quando il personaggio di Michele Placido voleva umanizzare Berlusconi per renderlo più affascinante per il pubblico), che quasi si ritrova costretto a sporcarsi le mani per preservare la sua amata azienda, mentre gli squali, intorno, gliela azzannano. Sembra il Giovanni Rana della pubblicità, quello che cucina per i nipotini. E’ la sua ingenuità a rovinarlo, non si riesce – merito di Girone – a volergli del tutto male. E’ Toni Servillo però il cuore del film: il suo Ernesto Botta, ragioniere ambiguo, efficiente orchestratore di tutti i raggiri economici della Leda, amorale ma fedele al capo, è un altro capolavoro dell’attore napoletano. A lui sì, si vuole male, istintivamente.
Botta e Rastelli sono personaggi complessi, sfaccettati, umani e per questo corruttibili, in primo luogo da se stessi, che si trasformano a poco a poco da orgoglio a vergogna dell’Italia. Andrea Molaioli dirige con sicurezza, senza virtuosismi: Il Gioiellino è un film sobrio e lineare, volutamente didascalico in certi punti. Non è Il Divo, per intenderci, e non è un reportage. E’ realistico proprio perchè i due personaggi principali non sono trasfigurazioni macchiettistiche, slegate dalla realtà, concepite perchè il pubblico si autoassolva (in pratica il difetto principale del cinema italiano). Quello che accade nel film può succedere perchè è successo, ma soprattutto perchè basta guardarsi intorno per capire che praticamente chiunque, nell’initimità del proprio individualismo miope e maleducato, è un piccolo potenziale Tanzi.