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Il giornalaio a progetto del prof Tiraboschi

Da Brunougolini
E' una storia dei nostri tempi. Lui è uno dei tanti sopranominati, secondo le leggi del centrodestra, "lavoratori a progetto". Un bel titolo.  Il suo nome è Adjei Clement, cittadino ghanese, operante nel Bergamasco. La sua mansione, il suo “progetto”, consiste nel consegnare giornali alle edicole. Tutte le mattine fra le 2 e mezza e le 3, quando è ancora buio,  parte con il furgone di proprietà della cooperativa Isonzo Multiservices   per la consegna dei giornali e delle riviste in decine di punti vendita.
Gli è stata assegnata una  forma contrattuale (il progetto) che lo considera in tal modo un lavoratore autonomo, con i suoi tempi, i suoi spazi di liberta e creatività, non un semplice subordinato. E’ una specie di professionista anche se il suo tempo di lavoro è scandito inesorabilmente  da quelle albe infinite come se fosse addetto ad una catena di montaggio.
Tuttavia è una  condizione – qui sta lo scandalo - autorevolmente "certificata" da autorevoli mediatori, come si usa dire oggi con termini rimbalzati anche nel ”collegato” sul lavoro all'esame del parlamento. E chi è in questo caso il certificatore? E' nientemeno che il professor Michele Tiraboschi, il braccio destro del Ministro al welfare Maurizio Sacconi. E' lui il presidente dell'apposita Commissione istituita presso la Fondazione Marco Biagi all’Università di Modena e Reggio Emilia incaricata  di attestare la “veridicità” dei contratti atipici, legittimando il rispetto dei criteri di ricorso previsti dalla normativa.  Un giudice supremo che dovrebbe essere imparziale.
La novità sta nel fatto che il lavoratore non  accetta tale verdetto. Alla scadenza del suo contratto a progetto, dopo undici mesi di lavoro (da febbraio a dicembre 2008) si rivolge all'Ufficio Vertenze CGIL di Bergamo  e al Nidil-Cgil. E alla fine il giudice (uno di quei giudici del lavoro che si vorrebbero sopprimere o quasi e si capisce bene il perché) riconosce che quella autorevole certificazione non sta in piedi,  appura la conseguente sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, delibera la riassunzione con instaurazione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato nonchè il riconoscimento di tutte le differenze retributive (oltre 18 mila euro) e il pagamento delle mensilità arretrate dal momento dell’impugnativa (oltre un anno e mezzo).
Un episodio straordinario. Che dovrebbe far riflettere legislatori e giuslavoristi. Tutti coloro che stanno dibattendo sui destini del mondo del lavoro italiano.  Se passassero  le nuove norme sul lavoro,  non si potrà più smascherare gli abusi subiti dai lavoratori ricorrendo alla giustizia ordinaria. Basterà far firmare al nuovo assunto (subito timoroso di dar fastidio al padrone)  non solo la richiesta di certificare il contratto ma anche la rinuncia a difendersi.

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