Magazine Cultura
La nostra cultura associa la morte, e la commemorazione dei defunti, alla tristezza, al colore nero, al rispettoso silenzio. Ma ci sono altre interpretazioni, estremamente diverse sia a livello filosofico che iconografico, che dall'antichità sono arrivate fino al mondo moderno. La scoperta (si fa per dire) dell'America da parte di Cristoforo Colombo ha portato alla nostra vecchia Europa molte novità e tradizioni, alcune delle quali sono diventate parte della nostra giornata, mentre altre sono state assimilate con varie mutazioni, seguendo un percorso di sincretismo religioso e culturale.
Si sono svelate le inaspettate complessità delle antiche civiltà precolombiane, nuove specie animali hanno arricchito le ricerche scientifiche, cacao, peperoncino, pomodori e mille altri prodotti di una natura alternativa e parallela sono arrivati in cucina modificando profondamente le abitudini alimentari, la morte stessa ha indossato improvvisamente vestiti dai colori variopinti, e cantando e danzando ci ha presentato la sua faccia più allegra. E' questo il caso del Giorno dei Morti, in spagnolo Día de Muertos, un rito che ha varcato l'oceano insieme a tutto il resto, nascondendosi dentro ai forzieri dei conquistadores colmi di oro e preziosi manufatti.
Día de Muertos è una festa dalle radici antiche, lontanissime, ci presenta un approccio alternativo alla morte, che sconvolge e disorienta il nostro tradizionale percorso terrestre verso di essa, almeno secondo le tradizioni occidentali, caratterizzate dal timore di questo viaggio sconosciuto, da ciò che ci aspetta, da premi e punizioni, seguendo i vari immaginari religiosi e artistici che hanno costruito mondi terribili e fantastici, fino all'esperienza diretta della scomparsa di persone vicine, il momento durante il quale la morte si avvicina di più alla nostra vita.
Le civiltà precolombiane hanno immaginato in modo diverso quest'ultimo viaggio, e hanno scelto di celebrarlo con musica, cibi, colori e danze; la celebrazione che oggi viene chiamata Día de Muertos, festeggiata in Messico e altri paesi, proviene dal mondo visionario e dai mille colori degli Aztechi, dei Maya, degli Inca, (antiche civiltà parallele alla nostra Grecia o Egitto) dai loro giardini galleggianti coperti di fiori rossi, viola e arancioni, dalle strade e costruzioni megalitiche circondate dalla foresta tropicale che avevano lasciato senza fiato le colonne armate dei conquistadores.
La commemorazione dei defunti è dunque un rito millenario, quando gli spagnoli arrivarono in america nel XVI secolo fusero i propri riti a quelli degli indigeni locali, dando luogo ad un sincretismo che mescolò le tradizioni eterogenee, trasformando le antiche cerimonie mesoamericane nelle feste e celebrazioni che oggi conosciamo, dalla interpretazione della Chiesa Cattolica ad Halloween (con le sue contaminazioni celtiche) e alla Festa della Anime in Brasile, fino al Día de Muertos della tradizione messicana, nella quale emergono in modo più evidente alcune componenti dei riti precolombiani.
L'attesa "pagana" della celebrazione dei defunti è quella di ritrovare i propri cari, tornati per l'occasione sulla Terra, tra di noi. Quindi, un giorno di festa e di colori, non di lacrime e abiti scuri. Anche da noi in Italia sono sopravvissute tradizioni pagane e ancestrali legate ai riti millenari, come la preparazione di cibi e altro per accogliere i defunti, dissetarli o farli riposare su un letto pulito. Non esiste solo il culto della preghiera della Chiesa Cattolica, l'approccio distante e contemplativo.
Ma qui rischio di entrare in collisione con un discorso più ampio e troppo complesso, quello della rotta delle anime dei defunti guidata o meno da connotazioni morali, da quello che possiamo aver combinato, di buono o di cattivo, durante la nostra esperienza su questo pianeta. Non è questo l'obiettivo, per cui torno subito al Día de Muertos della tradizione messicana, alla musica e all'allegria, agli altari (ofrendas) che aspettano i defunti colmi non solo di fiori, ma di cibi, bevande e sigarette. E' proprio così, i defunti tornano a visitare i loro amici e familiari e, sebbene non possano vedersi, riescono comunque a percepirsi reciprocamente.
Per due giorni e due notti sugli altari, durante la veglie (velaciones) nelle case e nei cimiteri, tornano in vita le tradizioni di antichissime civiltà, oggetti e cibi mutano in elementi primordiali: la terra, rappresentata dalla frutta che alimenta le anime con il suo aroma, l’aria, rappresentata da un oggetto molto leggero, come un foglio di carta, l’acqua, posta in un recipiente per poter dissetare le anime dopo il lungo viaggio, il fuoco, che si agita sulla punta delle candele.
Ho voluto arricchire questo articolo con le opere di Diego Rivera, che nelle sue opere dedicate al Día de Muertos riesce a esprimere, più di mille foto o immagini, la reale dimensione emotiva di questo rito della tradizione messicana, e le radici precolombiane. L'opera che invece trovate qui sotto, lo Sbarco di Cortés a Veracruz, sempre di Diego Rivera, è una macchina del tempo, e ci riporta alle radici del Día de Muertos, nello scenario doloroso della violenza, della natura distrutta, della schiavitù degli indios, il tutto sotto la protezione di una grande croce, della presunta "evangelizzazione".
Ci sarebbe ancora tanto da dire, sulle cosmogonie delle civiltà precolombiane, sul Mictlan e luoghi ultraterreni, sul Día de Muertos e sulle sue molteplici variazioni, sulle opere di Diego Rivera, ma devo fermarmi qui per motivi di spazio, vi lascio dunque offrendovi in amicizia e allegria un pezzo di pan de muertos, da masticare lentamente.
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