Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia

Creato il 01 agosto 2011 da Funicelli

"Ma la mafia era, ed è, altra cosa: un sistema che in Sicilia contiene e muove gli interessi economici e di potere di una classe che approssimativamente possiamo dire borghese; e non sorge e si sviluppa nel «vuoto» dello Stato (cioè quando lo stato, con le sue leggi e le sue funzioni, è debole o manca) ma «dentro» lo Stato. La mafia, insomma altro non è che una borghesia parassitaria, una borghesia che non imprende ma soltanto sfrutta.
Il giorno della civetta, in effetti, non è che un «per esempio» di questa definizione. Cioè l'ho scritto, allora, con questa definizione. Ma forse è anche un buon racconto".
Leonardo Sciascia, 1972 appendice al libro scritta in occasione dell'uscita del Giorno della civetta nella collana letture di Einaudi.
Ecco, se c'è un libro che racconta bene cosa rappresenti la mafia, in Sicilia e non solo, questo è il Giorno della civetta.
Ovvero del sistema, come dice Sciascia in appendice, che mette assieme interessi privati di questa borghesia parassitaria, fatti con la protezione e la benedizione dello stesso Stato che dovrebbe contrastarla.
Si parte da un episodio delittuoso, la morte alla fermata dell'autobus di Colasberna, un piccolo imprenditore edile nel paese di S. a Siracusa, e dell'inchiesta del capitano Bellodi , che cerca di far emergere i mandanti dell'omicidio, senza volersi accontentare della forma che è stata data all'acqua (come nel libro di Camilleri).
Da questo assassinio si sale sempre più, seguendo l'intuito e il coraggio di Bellodi, per arrivare prima all'assassino (Zicchinetta) poi ai legami tra imprenditoria (edile) e mafia (l'imprenditore edile Pizzuco, concorrente del Colasberna e il signorotto del paese don Mariano Arena). Per arrivare a lambire le protezione di questi a Roma. Il ministro, l'onorevole che si è fatto fotografare assieme al piccolo boss del paesotto siciliano.
Il racconto si svolge seguendo le indagini dei carabinieri nel piccolo paese S., e a Roma, dove l'eco delle morti e delle indagini mette in agitazioni qualche onorevole, che si preoccupa fin da subito che questo Bellodi non faccia troppo danno.
E che l'inchiesta prenda abbandoni la pista mafiosa per prendere la più rassicurante pista del delitto passionale, che serve per ingiuriare la famiglia del morto e tenersi lontano dal delitto mafioso. Che fa comodo a tutti. Polizia compresa.

"Nelle statistiche criminali relative alla Sicilia e nelle combinazioni del giuoco del lotto, tra corna e morti ammazzati si è istituito un più frequente rapporto. L'omicidio passionale si scopre subito: ed entra dunque nell'indice attivo della polizia; l'omicidio passionale si paga poco: ed entra perciò nell'indice attivo della mafia."

Bellodi arriva lo stesso al nome dell'assassino, grazie la testimonianza della moglie di Nicolosi, un potatore scomparso e certamente ucciso per aver riconosciuto l'assassino.
La confidenza di Parrinieddu (confidente dei carabinieri), porta invece all'arresto prima di Rosario Pizzuco, come possibile mandante, che poi a don Mariano Arena.
Nell'interrogatorio con quest'ultimo c'è il famoso passo in cui questi spiega la divisione tra gli uomini:

« Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, chè mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo… »

Nel libro sono molti i passi che meriterebbero di essere citati.
La definizione della democrazia dei due gentiluomini romani (quelli che si preoccupano delle indagini di Bellodi):

«Il popolo» sogghignò il vecchio «il popolo... Il popolo cornuto era e cornuto resta: la differenza è che il fascismo appendeva una bandiera sola alle corna del popolo e la democrazia lascia che ognuno se l'appenda da sé, del colore che gli piace, alle proprie corna... [...]»
«Il popolo, la democrazia» disse il vecchio rassettandosi a sedere, un po' ansante per la dimostrazione che aveva dato del suo saper camminare sulle corna della gente «sono belle invenzioni: cose inventate a tavolino, da gente che sa mettere una parola in culo all'altra e tutte le parole in culo all'umanità, con rispetto parlando .. Dico con rispetto parlando dell'umanità .. Un bosco di corna, l'umanità, più fitto del bosco dalla Ficuzza quand'era bosco davvero. E sai chi se la spassa a passeggiare sulle corna? Primo, tienilo bene a mente: i preti; secondo: i politici, e tanto più dicono di essere col popolo, di voler bene del popolo, tanto più gli calcano i piedi sulle corna; terzo: quelli come me e come te .. E' vero che c'è il rischio di mettere il piede in fallo e di restare infilzati, tanto per me quanto per i preti e i politici: ma anche se mi squarcia dentro, un corno è sempre un corno; e chi lo porta in testa è un cornuto.. La soddisfazione, sangue di Dio, la soddisfazione: mi va male, muoio, ma siete dei cornuti ...»

L'insofferenza di Bellodi verso l'omertà dei siciliani:

Una eccezionale sospensione delle garanzie costituzionali, in Sicilia e per qualche mese: e il male sarebbe stato estirpato per sempre. Ma gli vennero alla memoria le repressioni di Mori, il fascismo: e ritrovò la misura delle proprie idee, dei propri sentimenti. Ma durava la collera, la sua collera di uomo del nord che investiva la Sicilia intera: questa regione che, sola in Italia, dalla dittatura fascista aveva avuto in effetti libertà, la libertà che è nella sicurezza della vita e dei beni. [...] "È questa forse la ragione per cui in Sicilia" pensava il capitano "ci sono tanti fascisti: non è che loro abbiano visto il fascismo solo come una pagliacciata e noi, dopo l'otto settembre, l'abbiamo sofferto come una tragedia, non è soltanto questo; è che nello stato in cui si trovavano una sola libertà gli bastava, e delle altre non sapevano che farsene." Ma non era ancora sereno giudizio.

E la sua riflessione sulla concezione di famiglia e di stato:

E ciò discendeva dal fatto, pensava il capitano, che la famiglia è l'unico istituto veramente vivo nella coscienza del siciliano: ma vivo più come drammatico nodo contrattuale, giuridico, che come aggregato naturale e sentimentale. La famiglia è lo Stato del siciliano. Lo Stato, quello che per noi è lo Stato, è fuori: entità di fatto realizzata dalla forza; e impone le tasse, il servizio militare, le guerre, il carabiniere. Dentro quell'istituto che è la famiglia, il siciliano valica il confine della propria naturale e tragica solitudine e si adatta, come in una sofisticata contrattualità di rapporti, alla convivenza. Sarebbe troppo chiedergli di valicare il confine tra la famiglia e lo Stato. Magari si infiammerà dell'idea dello Stato o salirà a dirigerne il governo: ma la forma precisa e definitiva del suo diritto e del suo dovere sarà la famiglia, che consente più breve il passo verso la vittoriosa solitudine.

Infine, nel finale del racconto, il celebre passo sulla linea della Palma

"Forse tutta l'Italia va diventando Sicilia… A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma… Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato… E sale come l'ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l'Italia, ed è già oltre Roma…"

Il giorno della civetta è insomma un libro che, ancora oggi , torna utile per comprendere dei tanti perchè: il perchè della forza della mafia; come ha fatto ad inserirsi dentro l'economia dell'isola e (putroppo la profezia della linea della parla si è avverata) nel paese.
Dei legami tra politica e imprenditoria mafiosa: l'onorevole e il don, il medico che fornisce la falsa testimonianza all'assassino, l'imprenditore che dal legame con la mafia ne trae vantaggio rispetto ai concorrenti ....
Una scena, tra le altre, merita una citazione finale: la rissa alla Camera nel giorno in cui si discute sui fatti delittuosi in Sicilia: a questo partecipano anche due anonimi mafiosi e alcuni l'onorevole amico. Dibattito nel quale il sottosegretario chiamato a riferire in aula (al posto del ministro) dichiara che la mafia esiste solamente "nella fantasia dei socialcomunisti".
E che finisce in rissa, tra insulti, spintoni e offese.
Sotto il sorriso dell'onorevole, amico dei due mafiosi.
Il link per ordinare il libro su ibs.
Technorati: Leonardo Sciascia


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :