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Nonostante i tagli inevitabili di parti importanti della vita del poeta, come il viaggio a Roma, e un paio di scene di ambientazione napoletana forse evitabili, Il giovane favoloso si presenta come un buon film, particolarmente curato nella descrizione degli ambienti e dei costumi e visionario nel tradurre in sequenze quasi oniriche alcuni dei brani letterari, come accade con il Dialogo della Natura e di un Islandese, nel quale le sembianze dello sventurato viaggiatore sono attribuite a Leopardi stesso, come ho sempre immaginato leggendolo. A Michele Martone bastano alcune inquadrature, la rappresentazione di pochi gesti o il cenno ad un verso per completare la narrazione in modo indiretto: agli amanti del pensiero e della poesia leopardiana sorgono spontanee didascalie alle scene non commentate, ai silenzi, ai gesti di Teresa Fattorini (Silvia) che tesse alla finestra di fronte a quella dove Giacomo attende alle «sudate carte», agli sguardi che il poeta rivolge all'amata Fanny (Anna Mouglalis).
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La pellicola è una nota di coloro che spicca nel panorama cinematografico italiano per la cura riservata alla ricostruzione del contesto storico (nonostante un'imprecisione poi rimossa) e alle ambientazioni, per il tenore della recitazione, per l'accostamento delle scene e la scelta coraggiosa di giocare sull'alternanza fra momenti di vita e momenti di pensiero, ricordo, allucinazione e sogno, come quando Giacomo, bloccato nel suo tentativo di fuga a Recanati, soffoca il suo spirito di ribellione che, però, urla dentro il suo animo. E poi c'è una colonna sonora perfetta (va bene, io avrei evitato l'inglese, ma non voglio esser pignola), delicata, essenziale, ma che descrive in maniera mirabile sensazioni e sentimenti.
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Il giovane favoloso è un viaggio in una breve vita di cui forse nessuno può parlare bene ed efficacemente quanto Leopardi stesso, motivo per cui è particolarmente apprezzabile che il film si sviluppi in così stretta correlazione con le pagine del poeta: in una narrazione così strutturata la recitazione de L'infinito non è un mero ornamento o uno sfoggio di citazionismo, ma un complemento necessario, così come i bellissimi estratti del testo più toccante e profondo di Leopardi che si presentano come un congedo non solo dallo spettatore, ma dalla vita stessa. Nonostante lo spiacevole taglio della chiusa, con il suo accento vitalistico, i versi de La ginestra che ci accompagnano verso lo scioglimento concentrano tutto il senso di sofferenza di una vita tesa al raggiungimento di una felicità negata ma di cui non è mai deposta l'ultima speranza.
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C.M.